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sabato 16 febbraio 2013

"Diego Armando Maradona": 11 tocchi di calcio e politica a fumetti

La copertina del libro di Paolo Castaldi La copertina del libro di Paolo Castaldi 

"Diego Armando Maradona": 11 tocchi di calcio e politica a fumetti

di Andrea Curreli
“Ciao sono Diego Armando Maradona e prima di tutto voglio dire che non sono un evasore”. Inizia così il videomessaggio di autodifesa che l’ex calciatore argentino, campione del mondo e re di Napoli, rivolge agli italiani. La battaglia con il Fisco che gli impedisce di rientrare in Italia passa quasi subito in secondo piano davanti all’ingombrante presenza del “re di Napoli”. Il Belpaese si divide ancora una volta su questo personaggio come ai tempi delle sfide scudetto con la corazzata Juventus di Platinì o delle rivalse calcistico-politiche tra Argentina e Inghilterra. Paolo Castaldi non ha conosciuto Maradona, ha trent’anni e quindi non ha fatto neanche in tempo a vederlo giocare. Forse per questo la sua graphic novel, intitolata semplicemente Diego Armando Maradona (Becco Giallo editore, 2012), è diversa. Il suo racconto si discosta dalla biografia per immagini e, rafforzato dalla spinta creativa delle immagini che solo il fumetto possiede, racconta non solo il Pibe de Oro divenuto campione di calcio ma anche e soprattutto l’uomo votato al politico e sociale, a suo modo simile a quel Che Guevara che porta tatuato sul corpo. “Volutamente non ho fatto una biografia di Maradona preferendo affidarmi alle conoscenze che mi sono arrivate di riflesso. Ho raccontato Maradona attraverso gli occhi di chi ha vissuto gli anni d’oro di quest’uomo. Non ho avuto la presunzione di fare un libro con l’idea di svelare qualche aneddoto magari riproponendo cose scritte da altri”.
Castaldi, ancora una volta Maradona divide il Belpaese.
"Lui è fatto così, è un uomo che parla senza filtri pur comprendendo benissimo che quello che dice sarà riportato. Un video girato su Skype, se è lui a farlo, farà sempre il giro per il mondo in pochi minuti. Questo nuovo filmato dimostra che Diego non è cambiato e che il suo approccio è ancora un volta quello del duro e puro. Questo da un lato crea simpatia intorno al personaggio, ma dall’altro rinvigorisce chi lo ha considerato un pazzo o un mitomane. Maradona è una persona che divide e dividerà sempre. Ovviamente le parole che da sempre rivolge ai napoletani e a Napoli non hanno fatto altro che rinnovare l’amore di questa città per lui”.
Il suo libro è molto “politico”, tra le tavole Maradona diventa il simbolo di una rivalsa sociale per i più deboli. E’ così?
“Sì, questo è un aspetto portante del libro. Per le cose che ha sempre detto e ha fatto, Maradona ha incarnato sicuramente un simbolo. Non solo per Napoli, per l’Argentina ma per tutti quei popoli che appartengono al Sud del mondo. In tutti i Paesi del Sudamerica che hanno subìto dittature militari, ma anche in Yugoslavia, Diego è un mito assoluto. Questo suo aspetto è sempre molto presente e personalmente mi affascina. Maradona sarà ricordato anche per queste cose non solo per le sue imprese calcistiche. Se è diventato chi è diventato è grazie anche a questo suo aspetto che potremmo definire politico-sociale. Altri giocatori sono stati fortissimi, ma non hanno lasciato il segno tra la gente che ama sempre chi, come lui, si schiera apertamente”.
Ovviamente nel suo libro c’è anche tantissimo calcio.
“Trattare Maradona senza citare partite come Argentina-Inghilterra o come Juventus-Napoli non avrebbe avuto senso, ma il mio non è un fumetto sportivo in senso stretto perché non è incentrato solo sulle gesta calcistiche. L’approccio è lo stesso che avrei utilizzato per raccontare ad esempio un George Best famoso in Gran Bretagna anche e soprattutto per l’approccio alla vita in generale. Volevo che oltre all’aspetto sociale e politico ci fosse quello calcistico con il Maradona che tutta la gente conosce, con il gol famoso della mano di Dio che tutti ricordano. Questi due grossi elementi caratterizzano il libro".
Tra gli “11 tocchi” che scandiscono la lettura del libro questi elementi sono così mischiati che è difficile dividerli. E' così?
"Sì, ma per il semplice motivo che Maradona per primo non divideva i due aspetti neanche quando giocava a pallone. Non è un caso che nel suo film-documentario intitolato Maradona Emir Kusturica l’abbia definito un rivoluzionario. Io aggiungo rivoluzionario nel bene e nel male. In fondo lui giocava come viveva e viceversa viveva come giocava. Non voglio utilizzare un appellativo banale come ‘genio e sregolatezza’ ma lui era esattamente così. Se rivedi le sue partite ti accorgi che era un calciatore molto fantasioso ma al tempo stesso molto altruista e sempre al servizio della sua squadra. Fuori dal campo era esattamente la stessa cosa. Spesso si ricorda la storia della sua dipendenza dalla cocaina, ma nessuno dice che non esiste una intervista nella quale viene accusato da un suo ex compagno o un suo ex allenatore di essere un prepotente. Al contrario tutti lo definiscono come sensibile e generoso. Maradona non era uno che andava su tutte le furie per un passaggio sbagliato".

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