La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

giovedì 19 marzo 2009

Mio padre e la liberta'


Non ho mai conosciuto mio padre, morto in guerra, l' ultima, quando avevo tre anni. La sua grande umanita', cultura, amore per la liberta' e la giustizia le ho conosciute soprattutto attraverso i racconti di mia madre.
Quando penso a lui vedo mio padre, mentre mi fissa con i suoi occhi azzurri e mi dice che la liberta' va strappata dalle mani degli oppressori.
Un insegnamento che trasmetto ogni giorno ai miei figli e nipoti con il mio comportamento. Come dice Adorno nei ''Minima moralia'': non si da' vera vita nella falsa.

L’ idea di liberta’ mio padre me lo ha trasmesso pochi mesi prima di morire.

E’ l’ unico ricordo che ho di lui. Un ricordo mio, esclusivamente mio.

‘’Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici. Ha anche cose nella mente che non rivelerebbe neanche agli amici, ma solo a se stesso, in segreto. Ma ci sono altre cose che un uomo ha paura di rivelare persino a se stesso, e ogni uomo perbene ha un certo numero di cose del genere accantonate nella mente’’.

Dostojevskij: ‘’Memorie del sottosuolo’’.

Quando mi ha parlato di liberta’ a ogni costo, da strappare dalle mani degli oppressori, siamo io e lui da soli. Andiamo, la mia mano nella sua, da Serdiana, dove, in tempo di guerra, aveva trasferito la famiglia, a Dolianovaa, un altro centro del Parteolla, distante un paio di chilometri.

E’ marzo, non so se il giorno del mio compleanno. Ha avuto due giorni di licenza, ho poi saputo da mia madre quando dop anni, molti, racconto l’ episodio. E’ di stanza a Cagliari, circa venti chilometri da Serdiana.

I miei ricordi dell’ ambiente della campagna sono piuttosto sfuocati. Diventano nitidi solo sulla sequenza della passeggiata e delle sue parole.

Camminiamo sul ciglio destro della strada. Sto alla sua destra per non correre pericoli, anche se il traffico e’ limitato a poche biciclette, a qualche carretto trainato dai cavalli, molte le persone a piedi, soprattutto donne e qualche ragazzo. Uno di questi ci passa accanto correndo.

Lui e’ in borghese, indossa un abito scuro, io un capottino chiaro con il colletto in velluto. Nella mia mente tutto e’ chiaro, soprattutto i suoi occhi di un intenso azzurro.

Camminiamo in silenzio. Mio padre mi stringe la mano. Il suo viso e’ sereno. Sono raggiante. Non passo molto tempo con lui. Quando la sera, non tutte le sere, lui torna a casa, io sono a letto e dormo, e la mattina, quando riparte, non sono ancora sveglio. Mia madre mi ha sempre raccontato che appena entrato in casa veniva nella mia camera, mi accarezzava sui capelli e mi dava un bacio sulla fronte. Rito che ripeteva quando andava via.

Arrivati all’ altezza del cimitero di Serdiana ci fermiamo, ci sediamo, uno a fianco all’ altro, su un poggiolo ricoperto d’ erba.

Comincia a parlare. Dice quanto bene vuole alla mamma, a me, agli altri due figli. Poi racconta delle brutture della guerra, della inutilita’ di un conflitto scatenato da un pazzo e assecondato da un altro stolto, solo per sete di potere, delle false speranze di vittoria decantate dal Duce, dal Re. Espone i suoi concetti di liberta’, fratellanza, di giustizia e pace tra i popoli. Parole allora non comprese. Troppo difficili per me. Sono pero’ rimaste incise nella mia mente, capite solo col crescere degli anni.

Siamo rimasti seduti forse una mezz’ ora, poi lentamente siamo tornati a casa.

Quella e’ l’ ultima volta che ho visto mio padre.Non ho altri ricordi di lui vivo.

Dopo alcuni mesi un ufficiale e’ venuto a casa per dare a mia madre la notizia che il marito era morto in un bombardamento di guerra, quella guerra da lui rifiutata, ritenuta inutile, dichiarata da un folle, appoggiata da uno stolto, solo per sete di conquista.


Questa poesia di Nazim Hikmet scritta nel 1955 sarebbe sicuramente piaciuta a mio padre


Forse la mia ultima lettera a Mehmet - Nazim Hikmet

Forse la mia ultima lettera a Mehmet (figlio)

Da una parte
gli aguzzini tra noi
ci separano come un muro.
D'altra parte
questo cuore sciagurato
mi ha fatto un brutto scherzo,
mio piccolo,
mio Mehmet
forse il destino
m'impedirà di rivederti.
Sarai un ragazzo, lo so,
simile alla spiga di grano
ero così quand'ero giovane
biondo, snello, alto di statura;
i tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre,
con dentro talvolta uno strascico amaro
di tristezza,
la tua fronte sarà chiara infinitamente
avrai anche una bella voce,
- la mia era atroce -
le canzoni che canterai
spezzeranno i cuori.
Sarai un conversatore brillante
in questo ero maestro anch'io
quando la gente non m'irritava i nervi
dalle tue labbra colerà il miele.
ah Mehmet,
quanti cuori spezzerai!
e' difficile allevare un figlio senza padre
non dare pena a tua madre
gioia non gliene ho potuta dare
dagliene tu.
Tua madre
forte e dolce come la seta
tua madre
sarà bella anche all'età delle nonne
come il primo giorno che l'ho vista
quando aveva diciassette anni
sulla riva del bosforo
era il chiaro di luna
era il chiaro del giorno,
era simile a una susina dorata.
Tua madre
un giorno come al solito
ci siamo lasciati: a stasera!
Era per non vederci mai più.
Tua madre
nella sua bontà la più saggia delle madri
che viva cent'anni
che dio la benedica.
Non ho paura di morire, figlio mio;
però malgrado tutto
a volte quando lavoro
trasalisco di colpo
oppure nella solitudine del dormiveglia
contare i giorni e' difficile
non ci si può saziare del mondo
Mehmet
non ci si può saziare.

Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure in villeggiatura
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all'uomo.
Ama la nuvola la macchina il libro
ma innanzitutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che si spegne
dell'animale infermo
ma innanzitutto la tristezza dell'uomo.
Che tutti i beni terrestri
ti diano gioia
che l'ombra e il chiaro
ti diano gioia
ma che soprattutto l'uomo
ti dia gioia.

La nostra terra, la turchia
e' un bel paese
tra gli altri paesi
e i suoi uomini
quelli di buona lega
sono lavoratori
pensosi e coraggiosi
e atrocemente miserabili
si e' sofferto e si soffre ancora
ma la conclusione sarà splendida.
Tu, da noi, col tuo popolo
costruirai il futuro
lo vedrai coi tuoi occhi
lo toccherai con le tue mani.
Mehmet, forse morirò
lontano dalla mia lingua
lontano dalle mie canzoni
lontano dal mio sale e dal mio pane
con la nostalgia di tua madre e di te
del mio popolo dei miei compagni
ma non in esilio
non in terra straniera
morirò nel paese dei miei sogni
nella bianca città dei miei sogni più belli.
Mehmet, piccolo mio
ti affido
ai compagni turchi
me ne vado ma sono calmo
la vita che si disperde in me
si ritroverà in te
per lungo tempo
e nel mio popolo, per sempre.

21 commenti:

  1. Un ricordo ed una poesia toccante , di speranza perchè l' erba che cresce verde e rigogliosa non fa rumore , ma esiste ed è tenace. Un abbraccio.

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  2. Caro Pier Luigi,
    colgo l'occasione per affiancarmi alla tua bella commemorazione per il tuo papà e la libertà. Sono il tuo fratello del web e ho pensato di aggiungere anch’io in questo blog una poesia che dedico a tutti padri ed alla libertà, come hai fatto tu. Sono sicuro che ti farà molto piacere. È di un mio carissimo amico ora non più. Con lui ho diviso tanti momenti che abbiamo dedicato alle cose dell’intelletto trovando un’intesa meravigliosa. È stato un valente docente di italiano e latino molto stimato dai suoi alunni. Ci accomuna il giorno di nascita.
    Traggo da uno dei suoi libretti di poesie, liriche e sonetti questa poesia dedicata a suo padre.

    Cari abbracci,
    gaetano


    Da: “Segni nel tempo labile” (1947-1957) di Fulvio Failla,
    casa Editrice G. Intelisano 1961, Milano

    IN COLLOQUIO CON MIO PADRE

    Ai miei fratelli, Ungheresi (1)

    Padre, mio padre, se dall’alta sede
    invisibile guardi a questi fogli,
    un raggio della tua fonda pupilla
    vivo vi balzi, a che s’innovi il canto!

    Passano l’ombre e sostano nel petto
    immani e il grido, che profondo emisi
    alla luce dei secoli immortali,
    padre, che superasse il verbo tuo,
    alto che me ponesse sopra il mondo,
    contro di me congiura solitario.

    Lago di pianto, qui, la terra, mare
    di sangue... Amore l’universo grida
    e risponde lo sparo odio di carri
    ed i fratelli a libertà accorrenti,
    cervi sizienti all’acque cristalline,
    brandelli laceri di carne spersi,
    morte li abbraccia sola e, muta inchioda
    immobili nel fango della terra.

    Nessuno, padre, qui, nessuno accoglie
    il rantolante grido degli Abeli
    cadenti nell’istante inesorabile
    sotto il colpire immune dei Caini,
    balzo d’Averno spalancato tutto
    sopra riverso per le dolci zolle.

    Nell’urlo solo io del tifone umano
    dolente vago senza posa, padre,
    io, senza meta, e, più, non so se Dio
    amico guardi all’ansia umana o volta
    sia sua pupilla altrove... Egli che siede
    tutto in se solo, in sé felicità!

    Io nulla so, non sono nulla: il pianto
    che brucia gli occhi e affanna il petto, nulla
    costruisce per me d’eterno... nulla
    a chi in suo grido muore, a me accennando,
    a che incontro gli corra, aperte braccia,
    anima viva scudo alla sua morte.

    Il mio dolore io mischio, il pianto mio,
    a quello tutto che la terra affoga.
    E non risolvo nulla: vado, solo,
    povero, senza pane, ne speranza;
    il fuoco mio d’amore per Abele,
    il pianto mio su Abele, la mia mano
    su Caino non arma...: di sua spada
    eroe privato io, sono... sono un muto
    profeta, cui fu tolta dall’Iddio,
    fuoco dei petti umani, la parola.

    E chi da noi verrà con sua parola,
    che muti il pianto in gioia che innovi il mondo?
    A me verrai tu forse, padre mio,
    perché si plachi, padre, il cuore in corsa?
    Ma per tutti gli Abeli della terra?

    Ombra che scorre labile e solinga,
    io piango sulla mia mediocrità;
    sull’Abele diletto, inerte, spento;
    su Caino, tremendo ciglio asciutto,
    ferma mano nel sangue, cuore chiuso,
    b pietrificata eterna forma d’odio.

    Cr. 16-XI-56

    (1) In riferimento alla Rivoluzione ungherese del 1956, nota anche come insurrezione ungherese o semplicemente rivolta ungherese, fu una sollevazione armata di spirito anti-sovietico scaturita nell’allora Ungheria socialista che durò dal 23 ottobre al 10 - 11 novembre 1956. Inizialmente contrastata dall'ÁVH (la polizia segreta ungherese), venne alla fine duramente repressa dall’intervento armato delle truppe sovietiche. Morirono circa 2652 Ungheresi (di entrambe le parti, ovvero pro e contro la rivoluzione) e 720 soldati sovietici. I feriti furono molte migliaia e circa 250.000 (circa il 3% della popolazione dell’Ungheria) furono gli Ungheresi che lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione portò a una significativa caduta del sostegno alle idee del comunismo nelle nazioni occidentali.

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  3. Tutto di una bellezza e una poesia rare, fratello!

    Sono stata lì, seduta sul poggiolo, accanto a te e ho ascoltato le parole di tuo padre; ho guardato nell'azzurro profondo dei suoi occhi, tenendo stretta la tua mano.

    Al tuo grande papà e a tutti i figli come te, che non possono dire "Auguri papà" se non nel silenzio del proprio cuore.

    Un abbraccio
    annarita

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  4. Grazie Gaetano, bellissima poesia. Non conosco Fabio Failla. Cerchero' di documentarmi.
    Vale

    Sorellina grazie di essere stata con me su quel poggiolo.
    Gaetano non prendertela, ma alla sorellina devo dire uno speciale
    VALE

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  5. Grazie per le immagini e le parole che hai voluto condividere.
    intense, semplici, profonde.

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  6. “Le persone della nostra vita sono un po’ come le stelle.
    Tutte lasciano una scia indelebile dentro, una traccia che nulla potrà oscurare e spegnere, una luce fatta di polvere di stelle, che scalda, rischiara , anima e dà un senso al nostro passaggio nell’universo.”

    Grazie per aver condiviso la luce di quella stella che ti ha insegnato a orientarti, a vedere oltre e leggerti dentro.
    Un caro saluto

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  7. Sono parole come queste che si imprimono nella memoria, parole che segnano epoche, caratteri, sogni, valori, realtà. E senza di loro noi saremmo semplici botte vuote.
    Grazie dunque ai tuoi ricordi che solleticano quelli miei.
    Un caro saluto.
    Rino

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  8. Parole molto semplici, ma molto molto profonde...
    Un abbraccio
    Cinzia

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  9. Dolce e struggente il ricordo di tuo padre.Ciao Pier.

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  10. Cinzia, Serenella, grazie.
    Buona fine settimana.
    Vale

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  11. che belle parole hai scritto nel giorno in cui ricordimo i nostri padri.....anche io l'ho perso....più tardi di te, ma non l'ho vissuto come avrei voluto, come stanno facendo le mie figlie....il lavoro, il bisogno...ci hanno tenuti lontani....non mi hanno ucciso lui, come la guerra il tuo babbo, ma la complicità e l'affetto che si creano vivendo insieme....
    molto toccante la poesia...oserei dire sempre attuale....

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  12. Francuzza e' sempre difficile parlare dei propri sentimenti e, infatti, mi sono poi affidato ai versi di un grande poeta.
    Buona fine settimana.
    Vale

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  13. Per me è molto difficile parlare dei mie sentimenti, soprattutto di quelli che ho provato per mio padre, soprattutto per le parole non dette tra di noi.....mi sono emozionata a leggere ciò che hai scritto.....
    Buona serata, roberta.

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  14. Roberta grazie. Buona serata e buona fine settimana.
    Vale

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  15. La guerra uccide impietosamente. Resta indelebile il ricordo delle persone care perdute che ci accompagna per tutta la vita . Hai raccontato una vicenda che emoziona e ci induce a tener sempre alti i valori di pace e solidarietà che sono appunto la più grande eredità che ci hanno lasciato i nostri padri. Un abbraccio, Fabio

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  16. Grazie Fabio.
    Quando passo da voi mi manca il tuo sorriso, disincantato, e lo scambiare le nostre opinioni. Dovro' venire a trovarti a Monserrato.
    Buona domenica.
    Vale

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  17. Struggente il ricordo di tuo padre...le persone come lui vivranno sempre nei nostri cuori, se difenderemo il valore della parola LIBERTà!
    Un abbraccio

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  18. Grazie Lliri.
    I ricordi di un bambino di tre anni sono sempre labili, quasi non esistono.
    Questo riportato e' l' unico che mi sia rimasto impresso. Forse sono state le sue parole a colpirmi, soprattutto LIBERTA', OPPRESSORI, GUERRA, sempre inutile.
    Quando ho raccontato questo episodio a mia madre forse avevo quattro anni. Ella rimase colpita dal ricordo della passeggiata e di quello che mio padre mi aveva detto. Non disse nulla. Mi abbraccio' in silenzio. Negli anni successivi sentendomi raccontare di nuovo l' episodio, disse che Luigi aveva taciuto sia sulla passeggiata e sia sugli insegnamenti. Ecco perche' mi tengo stretto stretto questo ricordo. Tutto mio. Un segreto. L' unico, tra me e mio padre, da custodire e centellinare.
    Vale

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