La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

mercoledì 29 ottobre 2014

LIBRIAMOCI

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LIBRIAMOCI (Massimo Gramellini)

Ascoltare un libro letto a voce alta è una di quelle godurie impalpabili chemolti di noi non si concedono più dall’infanzia. Rivedo mia madre, seduta di sbieco sul letto, con una collana di favole tra le mani. Io, che già allora mi distraevo di continuo (e senza neanche avere l’iPhone), le strappavo il volume dal grembo per tornare alla pagina precedente e capire chi diavolo fossero quei sette nani. Lei si riprendeva il libro emi sgridava: «Massimo, fai uno sforzo! Se la mia faccia ti distrae, chiudi gli occhi. Le storie più belle sono quelle che si leggono a occhi chiusi». Li chiudevo così bene che mi addormentavo quasi subito. Ma evidentemente continuavo ad ascoltare le sue favole anche nel sonno, perchéme le ricordo ancora. Da adulto ho tentato di ripetere lo schema con gli audiolibri. Funzionano in auto, durante i viaggi lunghi, a condizione di scegliere un romanzo diverso da «Cent’anni di solitudine» perché la sovrabbondanza di personaggi che si chiamano Arcadio e Aureliano mette a dura prova memorie anche meno volatili della mia.
Ho dunque accolto col cuore gonfio di gratitudine la notizia che da oggi a venerdì decine di artisti entreranno nelle scuole italiane per cimentarsi con gli studenti nella lettura a voce alta dei classici. «Libriamoci» è il titolo dell’iniziativa, che sarebbe piaciuta al teorico della leggerezza Italo Calvino. Una splendida occasione per saltare le interrogazioni e smanettare sui telefonini come ossessi. Oppure per chiudere gli occhi e riscoprire quel che la velocità del vivere tecnologico sembra ignorare: il senso delle cose.

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