La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

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Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

mercoledì 4 febbraio 2009

Orrendo paio di scarpe rosse


Orrendo paio scarpe rosse
Lunghe gambe di Shelly
Lentamente
Siede su quella poltrona
La lingua passa sulla linea
Scarlatta delle labbra
Fissa i miei occhi
Le mie mani
Avanzo
Seguo il fascio di luce dei
Suoi occhi
Pieni di spettri
Sorrido
Custode di un segreto
Scruto gli occhi incantati
Ipnotizzati dalla
Lama del coltello, iridescente
Mi chino su Shelly
Bisbiglio
Fra poco sara' buio
Non temere
La lama penetra nel petto
Lieve incrinatura tra
Sorriso e paura
Assaporo il piacere
Come reliquia
Esistenza di un cadavere
Sulla poltrona preferita
Orrendo paio di scarpe rosse



quattro o cinque piccole bagattelle

15 commenti:

  1. L'orrendo paio di scarpe rosse si contrappone, esaltandola, alla perfezione dell'atto: il passaggio dalla vita terrena a quella eterna, per chi è credente, o alla quiete eterna dopo aver superato i marosi della vita.

    L'azione è lenta, quasi cristallizzata. Sorriso, paura e piacere: trilogia di una fine e di un inizio.

    Bella!

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  2. Eppure, per proseguire il commento di Annarita, resta un dubbio.
    Il Serial Killer, in questione ha trafitto un corpo, se pur metafisico, ma non il “lite motive”, “Orrendo paio di scarpe”, d’inizio e fine. Una sorta di alfa e omega apocalittica, magari capaci di esistere in qualche modo da soli.
    Mi sovviene la favola di Handersen, “Scarpette rosse” ed il famoso film omonimo. Questo per mettere in guardia dall’affezionarti tanto al nostro SK che è condannato in eterno a “ballare”, poiché non ha corpo.
    Si tratta di scegliere ad un certo punto, di esistere almeno per un immaginaria “epoca” per far tesoro dello stato di nirvana cui si è pervenuti. Questo per porsi la domanda su come fare per disfarsi delle “scarpe rosse” buone o cattive che siano.
    Le “scarpe” simboleggiano la corporeità terrena che in qualche modo sopravvive sempre, a causa o a ragione di “briciole” di vita, atomi, che restano in esso impigliati al sopraggiungere della morte corporale.
    Ecco un certo possibile barlume sulla “resurrezione dei morti” cui si allude nel cristianesimo. Cosa che avverrà solo alla fine del mondo terreno. E in quell’occasione la realtà spirituale subirà un radicale cambiamento, perché ci saranno molti “ricongiuncimenti” e naturalmente anche “disfacimenti”.
    S.Francesco di Assisi volle farsi seppellire in un luogo scosceso del monte Subasio dove si impiccavano i malfattori e perciò chiamato il Colle dell'Inferno.

    Gaetano

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  3. Miei cari esegeti avete dimenticato il buio che bisbiglio chinandomi su Shelley.
    Chi muore andra' trovarsi in una lunga notte, un ondeggiante mare di spesse tenebre, l' abisso di Ecate, la nera voragine formata dal cono d' ombra della terra, dove il corpo resta, seppure in una poltrona, la preferita.
    Secondo Plutarco nel "De facie in orbe lunae" ogni anima dopo la morte dovra' errare nello spazio tra la terra e la luna finche' la luna non entra nel cono d' ombra della terra e vi raccoglie le anime di coloro che vi sono sospesi. Le anime impure ripiombano nell' abisso di Ecate mentre le virtuose vi soggiornano brevemente. La luna le accoglie in un luogo detto le praterie di Plutone formato dalla parte piu' lieve dell' aria, qui le anime virtuose gustano una gioia pura, piena di speranza, qui esse acquistano ali astrali che le rendono simili ad un raggio di sole.
    La luna ha secondo Plutarco due porte, una e' detta dei campi elisi di fronte al sole ed e' ad essa che le anime lette dopo la seconda morte si slanciano nell' etere radioso, l' altra e' detta campo di Proserpina ed e' da questa apertura che passano le anime destinate a reincarnarsi. La luna riveste quindi anche il ruolo di giudice, rimandando sulla terra le anime imperfette, che devono di nuovo subire la prova dell' esistenza fisica inoltre fornisce alle anime che scendono una psiche sensitiva e la riprende a quelle che risalgono per la loro ascensione finale.
    Le donne uccise dal SK appartengono agli spiriti eletti e la morte le libera definitivamente da ogni impedimento e raggiungono la patria perduta, e in loro brilla tutto cio' che c' e'di desiderabile, di bello, di divino, di eterno.
    Il destino delle donne uccise dal SK e' di essere luminoso e esse stesse vengono prese dal desiderio della morte e per questo si affollano ai suoi piedi e non subiscono il castigo dell' esistenza umana ed il fuoco delle generazioni carnali.
    Infine, in loro, come dice
    Plutarco, c' e' dell' ineffabile presenza di cui il sole fisico non e' che un flebile riflesso per i nostri sensi.
    Vi assicuro, comunque, che il SK non pensa a tutte queste interpretazioni filosofiche ed esoteriche quando da' alle sue donne la belleza, la serenita', la pace, la luce...eterne.
    Cumulativo vale.

    RispondiElimina
  4. Vi assicuro, comunque, che il SK non pensa a tutte queste interpretazioni filosofiche ed esoteriche quando da' alle sue donne la belleza, la serenita', la pace, la luce...eterne.
    Cumulativo vale.


    Ecco...appunto. Nemmeno chi legge ci pensa, ma si lascia trascinare semplicemente nel flusso evocatore dei versi...

    RispondiElimina
  5. Il SK ha piacere che le sue azioni, raccontate in versi o in prosa, possano fornire ai lettori intrpretazioni filosofiche e partecipa volentieri al dibattito.
    Afferma, ma vuole che si mantenga il segreto, che sorride sotto i baffi.
    Vale

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  6. IL SILENTIO DI PITAGORA

    Mi preme perfezionare quando già detto per porre in evidenza una cosa fondamentale che ci permette di dividere il passato dal presente, considerato che il post a commento è stato sciorinato in modo esoterico. Fermo restando l’altro aspetto che vede “Orrende scarpe rosse” come una interessante lettura d’oggi per stimolare emozioni nell’animo e nello spirito, senza tanto divagare sconfinando con speculazioni filosofiche, per giunta esoteriche legandole ad un passato remoto.
    Pier Luigi ha citato Plutarco di una generazione di gran lunga diversa animicamente e spiritualmente da quella nostra qui a conversare. Se Plutarco parlava nel modo che abbiamo letto con interesse è perché in lui i corpi sottili eterico-astrale-mentale sopravanzavano notevolmente oltre il corpo fisico ed era come se egli vivesse in più mondi che si alternavano fra stati di veglia e sonno. Solo che era lucida la conoscenza dei mondi eterico-astrale-mentale, oltre quella biofisica. Ma così era lo stato di tanti altri dell’epoca di Plutarco, in chi più ed altri meno. Se essi parlavano di gnomi, elfi, silfidi, ad esempio, è perché molti li “vedevano” e dialogavano con loro.
    Oggi è diverso e se abbiamo delle opinioni sulle cose, per esempio di Plutarco, è perché la cultura posta in memoria unita a forte capacità raziocinante, che in alcuni sono davvero eccezionali, ce lo permettono, salvo altri che in modo “discreto” si dispongono loro malgrado a intervenire aggiungendo, o addirittura modificando, le suddette opinioni culturali.

    Per capire ancora meglio la questione antica del sacrificio umano, onde trasformare uomini mortali in dei, credo che sia utile far capo a Pitagora, più volte citato dallo stesso Plutarco nelle sue opere.
    Sono notizie che traggo da la «Vita di Pitagora» di Enrico Narducci (datata: Addì 3 Giugno 1588 - Forni Editore - Bologna 1887).
    È in discussione la donna e per essa, al fine della deificazione in causa, dunque non può che essere vista come un ideale sacerdotessa. Nel caso di Pitagora la relativa pietra di paragone va perciò intravista nella sua sposa, Teano, che così viene descritta nel citato libretto a pag. 213.

    «Hebbe moglie Pitagora, e questa fu Cretese, figliuola d'un Pitonatte e chiamossi Teano; di professione Philosofa (sic).».
    Ma sembra che altre donne siano comprese nel novero di mogli ed anche amiche, da considerare, però, che «molti (storici) hanno preso l'una per l'altra, o stimato che due fossero una sola.».
    «Che fieramente Pitagora amasse Teano, leggesi ne' Dinnosofisti d'Ateo.».

    E poi altre interessanti notizie come la seguente:

    «Di Teano, moglie di Pitagora, si raccontano alcuni detti arguti, fra’ quali u’è questo, che nota Plutarco, ne l’operetta de’ Precetti Connubiali.
    Una uolta, hauendosi costei cauato un guanto, ouero tiratosi la manica uerso il cubito, scoperse o la mano o il braccio; onde fu un certo, che disse: o bella mano; ed essa: ma non per la plebe o per il uolgo.
    Addimandata parimenti, quando la donna sia monda da l’huomo, rispose: sempre dal suo, da l’altrui non mai. Soleva dire a le mogli, che ne l’entrare a’ mariti deponessero la vergogna con la ueste, ma ne l’uscire, con la ueste la ripigliassero.
    Addimandata che vergogna fosse quella di ch’ella intendeva: quella, disse, che ch’io mi chiami donna.»

    In questo “riprendere la veste” di Teano, da stimarsi, per i pitagorici, la sacerdotessa quasi da venerare, io intravedo il modo suo specifico di donna, emblematizzata con la “vergogna” in discussione, in perfetta aderenza all'osservanza del “silenzio” caro a Pitagora.

    Sul “silenzio”, giusta conclusione dei commenti con Pier Luigi, Annarita e Stella di “mantenere il segreto” su “Orrende scarpe rosse”, così se ne parla a pag. 216.

    «Fondamentale per Pitagora era l'osservanza del «silentio, ch'egli chiamava “echemitia”, cioè ritenimento di parlare, leggesi questo anco ne l'istesso Florilegio, fatto da Pallada:

    E' gran dottrina à gli huomini il silentio:
    Fede ne fa Pitagora sì saggio,
    Che, dotto in dir, silentio insegnò altrui,
    Gran rimedio il tacer trouato hauendo.

    La cagione per la quale Pitagora imponeva il silentio a' suoi discepoli era il non uolere che le cose insegnate da lui fossero aulite, col farle palesi a' la feccia del uolgo... Né solamente commandaua Pitagora il silentio a' suoi discepoli, ma egli ancora amaua la brevità sopra tutte l'altre cose; ...».

    In stretta relazione con l’osservanza del “silenzio”, ovvero di “mantenere il segreto”, interessa saperne la ragione della quale se ne parla alle pagg. 230 e 231.

    «Amarono i Pitagorici sopra tutti gli altri l'oscurità; né contenti di quella che uiene apportata a le cose da la souerchia breuità, u'aggiunsero l’artifitiosa, onde non spiegauano eglino le cose loro , ma l'accennauano sotto il uelame enigmatico de’ Simboli. Plutarco, ne l'operetta d' Iside et Osiri, uuole che Pitagora uelasse cosi le cose sue , per imitare il costume de' Sacerdoti Egittij, che per uia di segni e note oscure, chiamate Hieroglifici, cioè sculture sacre, nascondeuano et occultauano i misterii de le dottrine loro; Chiudeuano i Pitagorici , come dice Tullio nel quarto de le Questioni Tusculane , l'oscurità de' precetti loro in uersi; il che uiene confermato da Vitruio nel proemio del quinto, seguito da Celio Rodigino ne l’Antiche Lettioni (l. 18, c. 17). Costume di Pitagora e de' suoi seguaci, dice egli, essere stato lo spiegare i precetti con somma breuità di parole, e lo scriuergli ne' uolumi loro con ragioni cubiche, facendo il cubo di ducento sedici uersi, et in ogni trattato non uolendo più di tre cubi. Ciò che si sia cubo, cioè che sia un corpo di sei faccie quadrate, a guisa di dado, è manifesto. Perché poi i Pitagorici per scriuere i precetti loro si seruissero de' numeri cubici non dichiara Vitruuio. Daniele Barbaro, commentatore de l'opera di lui, accenna che ciò (facessero, perché con maggior fermezza e stabilita si riposassero ne le menti di chi gli doueua imparare . Io non giudico perciò che per spiegare con numero cubico di uersi le cose, elleno più saldamente ci si fermino ne la memoria, come fa il cubo gittato su la tauola ; percioché molto differente è il moto de le cose che si muouono per la mente, da quello de' corpi che uanno rotolando per un piano. Io stimo nondimeno, che il legare una dottrina con tale o tale ordine di uersi possa facilitare la memoria, essendo noto quanto l'ordine de le cose ci gioui al ricordarci; il che può essere notissimo a quello, che recitando i nostri poemi rimati , si riducono a la memoria le cose dimenticate, mediante la corrispondenza de le rime...»


    E qui ora conta capire meglio quel che voleva far significare la risposta di Teano in relazione all’annetodo del guanto che ella si tolse mostrando il braccio nudo ad un estraneo. A pag.241 e 242 viene così spiegato.

    «...Aggiungesi che la rondine, come anco la mosca, fra gli animali che habitano con esso noi, giammai non s’addomesticano, né comportano d’esser toccati, né ci seruono ad uso alcuno di ricreatione: il che fa la mosca, parte per tema danno, e parte perché da noi uiene discacciata; oue la rondine ciò fa solamente per l’odio che naturalmente porta a’ gli huomini, e per una sua natura sospettosa et immansueta, per la quale aborisce l’addomesticarsi. Laonde uolle accennare Pitagora, che noi non ci afcciamo amici, né communichiamo la casa, né siamo troppo intrinsechi di coloro, che, a tempo e per commodità propria loro, s'insinuano ne l'amicitia con esso noi. È dunque la rondine simbolo de'l'inconstanza e de l’ingratitudine. ll guastar l'orme che lascia la pentola ne la cenere, interpreta nobilmente un Filino, appresso Plutarco nel medesimo luogo, dicendo, non essere da lasciarsi uestigio alcuno de l'ira, ma, dopo che ha lasciato di bollire l'animo nostro sie fatto quieto, essere da scancellarsi ha fatto con la dimenticanza ogni memoria de l'offesa seguita. Quello poi nel quale si commanda, che non gittiamo le uiuande ne l'orinale, uiene dichiarato dal medesimo Plutarco, ne l'opuscolo de l'alleuare i figliuoli, dicendo, non douersi parlar di cose belle con le persone imbrattate da' uitii , acciochè la bellezza di quelle non uenga contaminata da la bruttezza de l'animo di chi le riceue.
    Si sono dichiarati questi, per esser molto utili al fatto de’ costumi, si come diceua Plutarco nel luogo soprallegato. Non si sono con tutto ciò dichiarati tutti, né intorno a' dichiarati s'è detto tutto ciò che s'hauerebbe potuto, per fuggire la souerchia lunghezza , e non trappassare i termini de l'historia che habbiamo ai le mani. E molto minore sarebbe stata la fatica nostra, se ora hauessimo l'espositioni di questi simboli, fatta, come scriue Suida, da Anassimandro, figliuolo di Anassimandro, Milesio. Faceua tanto conto Pitagora di questi simboli, come dice Laertio, che, tosto ch'egli udiua che qualcuno communicasse ne' suoi simboli, se lo faceua intrinseco et familiare. Imitò Pitagora, come scriuono molti e particolarmente Plutarco, la filosofia de gli Egìtti, compiaciutosi del modo e de la scurita de' precetti loro...»

    Ecco di Pitagora il passato e le distinzioni sue e di altri, ma son cose che oggi non si pongono o per lo meno non come è stato riportato nel libretto di Narducci. Dunque può servire tutto ciò solo per teorizzare un silenzio da mantenere, ma che invece se ne parla comunque? Forse l’insegnamento che se può trarre è capire che il presente che vive in noi e si imprime nella nostra coscienza così come immaginato nel post precedente, attraverso continue scelte usando un certo coltello, è quello di “uccidere” il vivo per far resuscitare il “morto” che sta in noi. È un detto alchemico ed il “vivo” può intravedersi – mettiamo – in quelle “Orrende scarpe rosse” ed il “morto” è il vecchio corpo eterico-animico-astrale dei tempi di Pitagora e Plutarco che è in noi ma come in una tomba, e che sarebbe utile che venisse risorgesse come un bellissimo Cristo-Apollo.

    Cumulativo gaetano

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  7. SK è affascinato dalle orrende scarpe rosse , a volte il brutto affascina più del bello , ma cosa pensa quando SK affonda il coltello?
    Merita la morte per le scarpe rosse o perchè gli piacciono le gambe affusolate sulla poltrona preferita? Ciao.
    PS affascinante la tesi di Gaetano ......uccidere il "vivo" per far vivere il "morto"

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  8. Da me intervistato il SK ha detto che Plutarco era, comunque, un Pitagorico, iniziazione che aveva ricevuto a suo dire a Roma
    "La tradizione e' la luce e la regola; che gli Antichi non sono solo delle guide ma dei maestri".
    Ha poi aggiunto citando Bernardo di Chiaravalle "Il polo della luce e' mezzogiorno, che in e' in senso simbolico l' istante immobile, l' ora dell' ispirazione...".
    Sono, ha detto il SK, la luce, il mezzogiorno perche' e', come affermavano gli antichi, l' ora della magia e dei sortilegi, e quale magia e sortilegio puo' essere piu' grande della possibilita' che dono alle donne di mantenere la bellezza e di raggiungere l' eternita'?
    Sono, ha concluso, il simbolo dell' immobilita' della luce nella sua corsa, il solo momento senza ombra, una immagine di eternita'.
    Vale

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  9. Teo nel rispondere a Gaetano il SK ha risposto al cosa pensa quando affonda il coltello.
    Inoltre come ha detto Gaetano e tu, giustamente, ripreso il SK non da' la morte ma la vita...eterna.
    Il SK mi ha detto, confidenzialmente, meglio le gambe affulosate che un orrendo paio di scarpe rosse.

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  10. Manca solo di chiarire la cosa fondamentale che è palese nella locuzione di Teano da me citata. Ella dice con chiarezza: "quando la donna sia monda da l’huomo, rispose: sempre dal suo, da l’altrui non mai. Soleva dire a le mogli, che ne l’entrare a’ mariti deponessero la vergogna con la ueste, ma ne l’uscire, con la ueste la ripigliassero.
    Addimandata che vergogna fosse quella di ch’ella intendeva: quella, disse, che ch’io mi chiami donna.".
    Dunque nessuna fantasia erotica nell'immaginare altre donne o altri uomini in relazione alle scorribande del SK. Con Teano e Pitagora si fa riferimento alla "Luna" ed il "Sole" in noi. Chi vuol saperne di più la letteratura è piena di spiegazioni.
    gaetano

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  11. Il SK, ipse dixit, citando uno dei suoi ispiratori, Allen Ginsberg

    Gods dance on their own bodies
    News flowers open forgetting Death
    Celestial eyes beyond the heartbreak of illusion
    I see the gay Creator
    Bands rise up in anthem to the worlds
    Flags and bannerswaving in tracendence
    One image in the end remains myriad-eyed in Eternity
    This is the work! This is the Knowledge!

    Gli dei danzano sui propri corpi/ Nuovi fiori si aprono dimenticando la Morte/ Occhi celestiali al di la' del cuore infranto dell' illusione/ Vedo il lieto Creatore/ Bande si alzano in un inno ai mondi/ Bandiere e stendardi ondeggiano in trascendenza/ Un' immagine alla fine rimane con miriadi di occhi nell' Eternita'/ Questo e' il lavoro! Questa e' la conoscenza!

    Vale

    RispondiElimina

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