Terza pagina | di Eugenia Romanelli
11 agosto 2011
Subway letteratura, quando il libro
è autoprodotto e distribuito gratis
è autoprodotto e distribuito gratis
E’ in distribuzione gratuita con 5.300.000 copie sulla metropolitana di Roma, Milano e Napoli e sui mezzi pubblici di Bologna, Treviso, Venezia e Palermo, il romanzo della salentina Loredana De Vitiis, “rossella e andrea. E Rossella e Andrea”. Con questo metodo ha raggiunto finora circa 5 milioni di viaggiatori
E’ in distribuzione gratuita con 5.300.000 copie sulla metropolitana di Roma, Milano e Napoli e sui mezzi pubblici di Bologna, Treviso, Venezia e Palermo, il romanzo della salentina Loredana De Vitis, “rossella e andrea. E Rossella e Andrea”, e ha raggiunto finora circa 5 milioni di viaggiatori. Stiamo parlando di una delle vincitrici del “Subway-Letteratura 2011”, alla sua decima edizione, manifestazione letteraria nata a Milano da un’idea dell’Associazione Laboratorio-E20 (oggi Subway Edizioni) e del Comune di Milano (Settore Tempo Libero) per promuovere le creatività dei giovani (sono tutti rigorosamente under 35) e lanciare esordienti e sconosciuti. La De Vitis, giornalista e scrittrice leccese, classe ’78, aveva già pubblicato, qualche mese fa, “Storie d’amore inventato”, completamente autoprodotto (si trova in vendita da Feltrinelli ma anche online) e divorabile in un tempo tra la mezz’ora e la giornata. Questa nuova opera, con la prefazione di Massimo Cacciapuoti e la copertina di Margherita Morotti, è un prodotto fresco e dinamico, proprio come il media che lo distribuisce e il modello di fruizione (in movimento).
Nella prefazione si legge: “Succede sempre quando la sintassi si squaderna, quando cede il posto all’a-sintassi, all’asindeto, alla scoordinazione della paratassi, che la realtà si disintegra, si frantuma in mille pezzi, variegati, riflessi cangianti sotto il sole. E va a finire che una vita banale, quasi priva di senso nonostante la giovane età e la presupposizione di un lungo cammino davanti, trovi significato nella banalità del quotidiano e che vite distanti, nell’irraggiungibilità di un passo, si accompagnino senza sfiorarsi, si accostino al limite umano del contatto che in ultima analisi è un fatto meramente linguistico, di congiunzione. È interessante come in questo racconto l’espediente retorico sia estremamente significante. Aggiunge al non-scritto, al non-detto, quella precisazione, quel quid che riempie tutti i tasselli e alla fine confluisce nel grande meccanismo dell’esistenza. Andrea e Rossella si somigliano in tutto, sono l’altra faccia della stessa medaglia eppure, nella loro esistenza simile, se non uguale, nel loro reciproco cercarsi, nel loro desiderio di riconoscersi, mai alzano lo sguardo. Si sfiorano ma non si toccano, perché paratattici. C’è un punto, una cesura a dividerli e non un segno di congiunzione. Poi all’improvviso, nel procedere sempre uguale, nell’assoluta mancanza di un qualsiasi scarto in avanti, qualcosa, qualcuno, o semplicemente un desiderio comune (ancora una volta comune) di ribellione, induca in tentazione, ad alzare finalmente lo sguardo, a scontrarsi. E allora la cesura si interrompe. Scatta il segno, la virgola, l’apostrofo, il bacio. E le anime superano i corpi e finalmente s’incontrano. Mai come in questo racconto struttura, o meglio stile, e significato combaciano. In una prospettiva che non cede nulla alla sostanza. Tutto il superfluo si accentra in un gesto liberatorio. Nella precisazione del significato dei segni. Nella parola piena. Nel gesto. Nell’unico abbraccio universale che trasforma la parola scritta, il segno grafico, in vita. Pulsante. Piena. Reale.”
Una storia bella che racconta di modi creativi di distribuire, di produzioni indipendenti, di autori liberi e di rischi assunti con la forza di un’idea. Quindi un applauso al Premio Subway-Letteratura e ai suoi genitori, Davide Franzini e Oliviero Ponte di Pino, che nel 2002 si sono spinti in questa iniziativa no-profit per contribuire a creare un’alternativa critica nel mercato culturale troppo spesso asservito alle logiche di potere invece che ligio alla sua missione: nutrire l’immaginario collettivo.
Per chi volesse fare rete, Loredana De Vitis (che, dice di sé, “ama le gatte, i gatti, le artiste, gli artisti, scrivere, comprare orecchini indiani, bere il caffè, fare il bagno e osservare, che viaggia ma poi torna a casa e in un’altra vita era forse inglese, che piange spesso, sorride con tutto il cuore, sente un forte legame sentimentale con la tecnologia e col frullino per le ciambelle”) scrive spesso su Facebook, risponde in tempi rapidissimi alle mail su e tiene un diario fin troppo onesto.
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