Roberto Zanata interview
Tra Stockhausen, clavicembalo e computer music*Nato a Cagliari, Roberto Zanata, allievo dello stesso imemnso Kark Heinz Stockhausen, è compositore, musicista e studioso di musica elettroacustica e elettronica (computer music), Attivo dalla meta’ degli novanta ha realizzato in Italia e all’estero composizioni per musica da camera, allestimenti teatrali, computer music, arte elettronica, acusmatica e opere multimediali e vanta un meritatissimo background assai prestigioso a livello internazionale.
Ad esempio: Nel 1997 e’ stato compositore ospite alla Biennale di Musica Contemporanea di Zagabria; nel 1999 ha partecipato come compositore al Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Pola (Croazia). Nel 2005 ha composto le musiche per lo spettacolo teatrale “Requiem” su testi di A.Tabucchi, regia di A.Iovinelli, rappresentato presso l”Istituto Italiano di Cultura - Zagabria. Nel 2006 ha composto le musiche per lo spettacolo teatrale “Orazi e Curiazi” per la regia di A.Iovinelli realizzato in collaborazione con la filodrammatica dell’Universita’ di Zagabria e l’Istituto Italiano di Cultura rappresentato sia in Croazia che in Ungheria.
Nel 2007 ha partecipato come musicista e compositore al Festival Music in Touch organizzato da Spaziomusica Ricerca (Cripta di S.Domenico - Cagliari, Italia) con la performance audio-video “Jet Lag” realizzata con R.Musanti. Non ultimo, dal 2007 collabora attivamente con la clavicembalista S.Majurec e da qualche tempo, con il pittore e videomaker storico del genere Tonino Casula. Sue alcune delle microsoundtrack dei celebri cortronici (anche a 3D) del Video maestro.
Ecco l’intervista, mediata gentilmente dallo stesso Casula, dove forse traspare appunto, dalle risposte raffinate e non frequenti, ancora certo influsso quasi epistemico sonoro caro proprio al genio di Stockhausen…
D- Qual è il territorio musicale che intendi esplorare?
R- Ho deciso di cimentarmi con la composizione di forme musicali elettroacustiche utilizzando diverse tecniche di sintesi e risintesi digitale del suono (granular, streaming spectral, resonators, pitchshifter, phase vocoder etc). Il materiale sonoro di partenza ha quasi sempre un aspetto mimetico, ma nello svolgimento della forma si modifica verso un’emancipazione da qualsiasi referenzialità fino ad assumere un aspetto strettamente uditivo.
D-Quali sono i tuoi pretesti per fare musica?
La sintassi di partenza di elaborazione dei suoni è astratta, anche se nel corso della composizioni non mancano evoluzioni dinamiche e timbriche che richiedono interventi riconducibili a una sintassi astratta, pertinente allo stesso materiale sonoro originario. Questo perché sono convinto che nell’immaginario dell’artista, l’opera rimane sempre un punto di arrivo, non un punto di partenza.
D-I materiali preferiti?
Mi interessa indagare sonorità che richiamino l’idea della discronia temporale a cui la musica può indurre, sia dal punto di vista dell’interazione di spettri sonori differenti, che del loro modo di trasformarsi nel corso di un tempo brevissimo o lunghissimo, difficilmente prevedibile, come è quello offerto dalle tecniche di sintesi del suono. Le strutture, cui queste sintesi inducono sono, infatti, ancora prima che un componimento musicale, un gioco affine al flipper, in cui le biglie scorrono casualmente dentro buche o passaggi obbligati. In altre parole, un azzardo.
D- Le “incomprensioni” che incontri nel tuo lavoro?
R- I discorsi che più comunemente tendono a fuorviare il problema sono quelli che sostengono l’autonomia del cambiamento tecnologico, dalle interazioni umane con gli oggetti tecnologici. I fattori sociali e culturali non entrerebbero dunque a far parte del disegno tecnologico con la conseguenza che gli oggetti risultanti esistono come entità inerentemente neutre. Ma non mancano istanze critiche che, al contrario, riconoscono proprio nella media-art l’espressione più avanzata della critica ai media. Come se, insomma, gli effetti secondari negativi delle tecnologie e dei mezzi di riproduzione fossero un prezzo necessario da pagare, in vista anche di una loro possibile emancipazione. Molti artisti (tra cui metto anche me) hanno sottolineato in questo senso e a più riprese la necessità di una pratica artistica elettronica fondata su atti di razionalizzazione sovversiva, così che le tecnologie apparentemente non artistiche vengano considerate estremità creative. Si tratta di tecnologie trasformate e fatte funzionare attivamente, nonostante la loro origine di mezzi passivi di riproduzione (lettori cd), trasmissione (tv e radio), documentazione e intrattenimento (computer).
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