La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

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Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

martedì 16 agosto 2011

Santanchè: risorgi, mento



La bustina

Santanchè: risorgi, mento

di Umberto Eco
Due professori universitari si sono concessi un libretto di giochi di parole. Millecinquecento esempi, la maggior parte di carattere osceno, ma decisamente divertenti: "Lui le nega il seme, lei si offende: spermalosa'
(09 agosto 2011)
Giochi di parole. Sandro Volpe e Alberto Voltolini, che non sono due umoristi professionisti ma professori universitari, si sono concessi un libretto di giochi di parole ("Mai ali che volano alto", Duepunti edizioni). Un benpensante lamenterebbe che, in questa raccolta di circa millecinquecento giochi di parole, la maggior parte sia di carattere osceno, se non altro per diffidenza verso la papirologia goliardica. Però una volta accettato il gioco, ben venga l'oscenità. Loderei pertanto "Il Parlamento in mano alle escort: Monte Clitorio" e "Lui le nega il seme, lei si offende: spermalosa".

L'altro appunto è che, facendo vorticare la lingua come un cabalista, la combinatoria produce anche risultati non inediti, come "Amletica leggera" (era una collana di libri ludici editi da Bompiani negli anni Settanta) e lo "Sturm und drangheta" con cui avevo definito anni fa un noto signore che oscilla tra cultura e mafia. Ma, volendo scegliere tra i giochi che possano, come Tasso voleva, essere letti anche dalle monache, sceglierei i seguenti.

Miracoli non riusciti: le cozze di Cana. Per uscire dalla Chiesa, chiede il nulla ostia. Bulimia: colazione a ripetere. Preferisce i formaggi francesi: colesterofilo. Miracolosa moltiplicazione dei pesci: alici nel paese delle meraviglie. Paura di volare sui cieli tedeschi: Luftansia. Anche Silvio ha commesso un errore: ha usato la brillantina Minetti. Il gatto di Berlusconi: Micio Gelli. Per la Santanchè non c'è contraddizione tra amare la patria e darsi alla chirurgia estetica: risorgi, mento. In diretta da Gaza: Striscia la notizia. Classifica gioielli: collazione da Tiffany. Adamo ed Eva: la solitudine dei sumeri primi.

Per Chomsky, l'unico aspetto da studiare del linguaggio è la sintassi: torna a casa, lessico. Uomini che odiano le donne: gayatollah. Gengis Khan mangiava bambini a fine pasto: il dessert dei tartari. Vendola la nuova speranza della sinistra: Lecce l'omo. Adatterei alla politica educativa del presente ministero: Roma Cepu mundi. Come piccolo capolavoro un poco ermetico citerei: Ma se Levi Strauss cosa rimane? Norma Jeans.

Letteratura a garganella. Da qualche anno, nella serata finale del premio Strega, il vincitore si attacca al collo della bottiglia del liquore omonimo e ne beve a garganella. Io ho vinto un premio Strega trent'anni fa, ma a quei tempi quel gentiluomo di Guido Alberti non faceva neppure vedere la bottiglia, l'eletto prendeva l'assegno (di entità nobilmente simbolica), lo mostrava ai fotografi, e tutto finiva lì. Immagino che l'idea di far attaccare i poveri vincitori al collo della bottiglia sia di qualche pubblicitario. Se questa sgradevole abitudine aumenta le vendite del liquore come il premio aumenta le vendite del libro, non parlo più, "pecunia non olet". Ma, visto che si tratta di un liquore dolce, se il vincitore ha la glicemia alta come dovrà regolarsi?

E' la traduzione, bellezza. Stefano Passigli concludeva uno dei suoi interventi sul referendum per la legge elettorale ("La Stampa", 4 luglio scorso) con: "E' la "democrazia rappresentativa", bellezza". La battuta si riferiva a quella detta da Humphrey Bogart, nel film "L'ultima minaccia" dove Borgart faceva sentire il rumore delle rotative e concludeva: "E' la stampa, bellezza, e tu non puoi farci nulla!". Cito a memoria, ma l'espressione è diventata proverbiale in questa forma.

In realtà l'originale recitava: "That's the power of the press, baby, the power of the press. And there's nothing you can do about it". L'inglese è più ridondante dell'italiano, e questo spiega perché da noi la citazione sia diventata classica mentre in un sondaggio fatto anni fa in America sulle battute cinematografiche più memorabili aveva vinto la frase finale di "Via col vento" (Clark Gable: "Frankly, my dear, I don't give a damn", ovvero "Francamente me ne infischio") ma questa di Bogart non era stata citata da nessuno.

Morale? Non ha niente a vedere con la politica, ma molto con la traduttologia: spesso le traduzioni, invece di tradire, migliorano.
 
 
da l' Espresso

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