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giovedì 30 giugno 2011

Kubrick: professione fotoreporter. Una mostra rivela la passione giovanile del regista americano

Kubrick: professione fotoreporter. Una mostra rivela la passione giovanile del regista americano

di Melisa Garzonio
Il genio sfaccettato è un tipo ricorrente fra gli artisti della cinepresa. Diventare pittore, per esempio, era stato il sogno giovanile di Federico Fellini. Poi, le cose per il regista della “Dolce vita” e “Amarcord” andarono come sappiamo, ma la vena pittorica di F.F. non si estinse mai. Anche l’americano David Lynch, ex studente d’arte alla Pennsylvania Academy di Filadelfia, noto regista di noir claustrofobici ambientati nella Hollywood del glamour, Palma d’Oro per “Cuore selvaggio” e “Mulholland Drive”, si considera un artista mancato. Dipinge. E i suoi nudi a colori e in bianco e nero sono perturbanti non meno di certe scene hot dei suoi film più onirici.

E che dire di Kubrick? I più lo conoscono per i film indimenticabili, come “Lolita”, “Arancia meccanica”, “2001: Odissea nello spazio”, “Shining” e Barry Lindon”. Che il maestro del cinema fosse anche un genio della fotografia era noto soltanto a pochi cinéphile. Adesso, grazie a una mostra intitolata “Stanley Kubrick visioni e finzioni (1945-1950)”, aperta al Palazzo Magnani di Reggio Emilia (nell’ambito della sesta edizione di Fotografia Europea), lo sappiamo anche noi, suoi modesti fan. Il talento di Kubrick per le immagini è documentato da 130 scatti realizzati quando il regista era ancora un ragazzino e lavorava per la rivista americana “look”.

Nato nel 1928 a New York, nel Bronx, da genitori ebrei, Kubrick eredita l’occhio per l’immagine dal padre, un medico austriaco emigrato negli Stati Uniti, appassionato di fotografia. A tredici anni riceve in regalo la sua prima macchina fotografica. Se ne innamora, trascura la scuola, dedica tutto il suo tempo a scattare, sviluppare, stampare. Come studente è un disastro. La media troppo bassa non gli consente di essere ammesso in un’università qualificata, sarà invece il mondo della fotografia a spalancargli le porte. Nel 1945 vende a “Look” la foto di un edicolante che annuncia la notizia della morte del presidente Roosevelt. E’ lo scatto che rivela il genio in erba. Una bravura impensabile in un dilettante di diciassette anni. Il giornale lo assume come fotoreporter.

Al giornale Kubrick resta cinque anni, dal 1945 al 1950, si sente appagato: lo stipendio è buono e può iscriversi all’accademia d’arte cinematografica, la seconda passione in agguato. Nel tempo libero gioca a scacchi, legge i filosofi tedeschi e perfeziona il metodo “Look”. I capi volevano che il soggetto da ritrarre fosse conosciuto in ogni suo dettaglio, fisico e psicologico, da qui una tecnica invadente, ossessiva, che richiedeva giornate intere per riuscire a fotografare qualcuno nella posa più naturale possibile. Era una sorta di stalking sulla ‘vittima’ che piaceva un sacco a Kubrick, e che sarebbe diventata una costante del suo cinema.

A New York fotografa i piccoli shoe shine, i lustrascarpe che stazionano agli angoli delle strade, la protagonista della mondanità di Manhattan Betsy Furstenberg, la Columbia University e il Campus per orfani di guerra Mooseheart nell’Illinois. Realizza reportage di boxeur, Walter Cartier e Rocky Graziano vengono ritratti sul ring e spiati nelle loro vite private. Distaccato, quasi freddo, mai sentimentale, maniaco della perfezione, delle luci e delle simmetrie perfette, Kubrick fotografa una mostra di Salvador Dalí, il leader indiano Nehru, il volto bellissimo di Montgomery Clift, prima del drammatico incidente d’auto. Nel 1950 va a New Orleans e fa un reportage delle stelle del jazz, di cui è fanatico, Louis Armstrong e Pee Wee Russell sono le sue star.

Nel 1963 abbandona l’America per trasferirsi in Inghilterra, dove gira due dei suoi capolavori: “Il dottor Stranamore” e “Lolita”.  Curata da Rainer Crone, la mostra è stata realizzata con i preziosi prestiti della Library of Congress di Washington e del Museum of the City of New York, dove sono custoditi i 20.000 negativi dell’archivio “Look” depositati dopo la chiusura del giornale. Imprevedibili le strade del genio. Se Kubrick non avesse fatto il regista? Forse avrebbe fatto il fotografo, ma anche il pittore, il musicista, l’architetto, lo scrittore.

“Stanley Kubrick visioni e finzioni (1945-1950). Cinque anni da grande fotografo”.
Reggio Emilia, Palazzo Magnani. Catalogo GAmm Giunti
Info. Tel. 0522 444446. www.palazzomagnani.it
Fino al 24 luglio.

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