La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

domenica 26 giugno 2011

L’urlo scomodo del popolo del Sud. "Briganti Emigranti” di Eugenio Bennato risolve in musica la Questione Meridionale

 
Articolo 21 - Musica
L’urlo scomodo del popolo del Sud. "Briganti Emigranti” di Eugenio Bennato risolve in musica la Questione Meridionale
L’urlo scomodo del popolo del Sud. di Antonella Sciocchetti
(foto di Fabrizio Coperchi)
E’ stato più che caparbio Eugenio Bennato, nella trentennale attività artistica che lo ha visto passare indenne attraverso mode, sottoprodotti culturali, commistioni di generi scopiazzati dai successi d’oltreoceano, palinsesti televisivi e radiofonici scarni di musica originale e ricchi di cloni. Ci vogliono caparbietà e coraggio nel perseguire  una ricerca che approdi ad una ulteriore discussione sulla questione meridionale, che stimoli nei più giovani curiosità verso la nostra storia, la tradizione, la musica popolare.

E grazie alla perseveranza di Bennato e di Carlo D’Angiò, grazie al genio di Roberto De Simone, a voci singolari che vanno da Rosa Balestrieri a Lucilla Galeazzi, dall’organetto di Ambrogio Sparagna e, perché no?, al Coro dei Minatori di Simone Cristicchi,  sulle pagine di etnomusicologi come Ernesto De Martino e Diego Carpitella,  negli anni abbiamo appreso che la musica popolare non è solo non solo l’urlo di un popolo scomodo alla storiografia e alla memoria, ma strumento indispensabile per tracciare la mappa del ‘patrimonio genetico’ dell’Italia.

Il progetto culturale di Eugenio Bennato, dapprima con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, poi Musicanova, e ancora con Taranta Power, mira a contrastare il vittimismo radicato nel nostro meridione, offrendo, a contraltare, esempi di ribellione e lotta alla retorica di Stato. Bennato è contro la retorica risorgimentale fin dal 1979, dai tempi di “Brigante se more”, scritta a due mani con Carlo D’Angio, ballata di cui (incredibile a dirsi!) il maestro si trova a doverne discutere la paternità in un saggio, dall’omonimo titolo, pubblicato da Coniglio Editore nel giugno scorso.
 Con la regia di Bruno Colella, “Briganti Emigranti”, lo spettacolo di Eugenio Bennato che il 15 maggio abbiamo apprezzato al “Teatro Quirino” di Roma, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, è la summa del suo lungo viaggio nella musica del nostro Sud.
Un viaggio fatto non solo di ricerca appassionata, ma anche di confronti, di autocritica e di dubbi. Un viaggio che è un abbraccio al Mediterraneo, da “navigante emigrante” esperto quale è. Un viaggio che ‘balla’, ed invita a ballare le storie dei briganti Ninco Nanco, Carmine Crocco, Michelina De Cesare. Un viaggio che, a ritmo di pizzica e taranta, entra nella storia della musica italiana  per certi versi in punta di piedi, se pensiamo al suo lavorio incessante, spesso silenzioso come goccia che scava la roccia; per molti altri versi, invece, con prepotenza, per la forza evocativa e la possente dominanza ritmica del suo repertorio. 

Conosco e seguo Eugenio Bennato da molti anni. E negli anni l’ho visto elaborare, sperimentare, progettare, innovare, trasformarsi e trasformare le coscienze. Eppure al “Quirino”, per la prima volta, mi sono ritrovata a pensare che Eugenio Bennato, nei suoi testi, abusa di due parole: Sud e meridionale.

Che un maestro capace di scrivere i versi di “Canzone per Juzzella” (Quanno nasciste tu forma d’argient,  nasciste a lu tiempo de la luna nova, ‘cielo sule e stelle pe’ curona…) si crogioli in svogliate reiterazioni? Che un cultore della parola e del suono (primordiale scintilla della parola), un cultore del verso e della rima, manchi di sinonimi? E che sinonimi daremmo mai a “Sud” e “Meridione”, essendo già sinonimo l’uno dell’altro?

Mentre incalza il Ritmo di contrabbando, ritornano prepotenti nella mia mente i versi poetici di “Juzzella” e subito tutto mi è chiaro. Eugenio Bennato, ancora una volta ha centrato l’esigenza del momento storico.  Deve abusare  di Sud e Meridione per ribadire  il peso che hanno nell’economia della nostra storia, come di ogni storia tormentata dall’oppressione, dal sopruso, dalla guerra. 

“Sud” e “meridionale”, nel suo progetto di ‘risveglio delle coscienze’ gli  sono - e ci sono - necessari come “l’acqua e le rose”, come il ritmo e la danza, come l’amore e la libertà, per tormentare i sordi, gli ottusi, i padroni, perché - per dirla alla Brigante Se more - “‘sta musica s’adda cagnà”.
‘Sud’ e ‘meridionale’ vibrano, sì, più volte della stessa cultura antica, inseparabile dall’uomo, ma ad ogni brano in maniera diversa … come le voci stesse che Eugenio Bennato porta in scena con “Briganti Emigranti”.  Forte di una formazione compatta che nella simbiosi con l’Orchestra Popolare del Sud sembra aver trovato una dimensione ideale (pienezza corale e sfumature armoniche pronte a stupire) “Briganti Emigranti”  non è mai uguale a se stesso.
Forse per questa logica, annunciata, e tuttavia sorprendente, irrompe nella scena Pietra Montecorvino: la voce più singolare che questo Sud e questo Meridione abbiano partorito. Avvenente, sensuale, decisa Pietra cattura e affascina, dissacra l’atmosfera ritualistica e, tuttavia, sa essere con quella un ‘unicum’. 

Domina la scena da vera brigantessa, con quella innata gestualità che la rende su ogni palco ‘presenza’catalizzatrice. Esile scricciolo di donna, dalla capigliatura lunga e folta, apre varchi nell’anima fendendo l’aria con movenze taglienti… graffianti come la sua vocalità…come le parole di Bennato in Juzzella, di cui riceviamo una versione da brivido.

Pietra Montecorvino è un concentrato rock di Sud: sa dare voce, come Bennato con la sua musica, all’urlo soffocato del popolo meridionale.
La naturalezza con “Briganti Emigranti”, tra villanelle, ballate e tammurriate,  accoglie il rock della Montecorvino, in una fusione di generi e nella reciproca esaltazione, mi suggerisce un’altra chiave di lettura di “Briganti Emigranti”, che forse non si discosta troppo dalla annosa ‘questione meridionale’.   E una dietro l’altra mi vengono in mente i punti di forza del metodo di lavoro e ricerca di Eugenio Bennato: curiosità, accoglienza, abbraccio, l’unione, la fusione culturale, generosità.  Bennato le ha sempre adoperate nella scelta dei suoi musicisti, nell’incontro con gli artisti di altri Sud del mondo, nell’apertura allo scambio di sonorità.
E ricercare un patrimonio comune attraverso una integrazione che appiani le differenze culturali, senza cancellare la propria identità, la propria tradizione, il proprio Sud, e soprattutto senza la paura di perdere ciò che si possiede, è operare da vero brigante emigrante! Ma se Bennato ha già risolto in musica la sua ‘questione meridionale’,  nessun Sud del mondo risolverà la propria finché nasceranno ‘padroni’ con la paura di perdere quello che posseggono.
Esco dal teatro ripensando alla bella frase del brigante Crocco, citata da Bennato nel suo saggio:  “La libertà è vivere ciò che si ama”.  Ma, libertà è anche amare ciò che ci fa vivere… liberi.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.