La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

lunedì 26 settembre 2011

Sviluppo e crisi dell' Università italiana fra il XVI e XVII sec olo

Sviluppo e crisi dell’università italiana fra il XVI e XVII secolo

Lo sviluppo delle università, degli studi in generale, fu uno dei prodotti della presa di coscienza da parte dell’uomo delle sue potenzialità espressive, in un’epoca, il XVI secolo, in cui avveniva oramai chiaramente un risveglio delle arti, delle lettere, della cultura, in un’epoca in cui i torchi gutenberghiani permisero la stampa di centinaia di copie dello stesso testo in maniera più facile ed economica che prima, in cui le scoperte geografiche aumentarono i confini commerciali, in un’epoca in cui si assistette allo sviluppo di società politiche più complesse e allargamenti territoriali, in cui dai Comuni si passava alle Signorie, ai Principati.
L’istruzione, una volta destinata per lo più agli ecclesiastici, iniziò a preparare lentamente anche i nobili che desideravano essere più formati per la gestione degli affari pubblici, in un ambiente politico ed economico che usciva dai piccoli territori cittadini. Conseguenza di ciò fu l’istituzione e l’ampliamento delle università italiane. Quella di Bologna, datata convenzionalmente 1088, fu di modello per le altre che si svilupparono nei periodi successivi. Padova, nata forse nel 1222 da docenti dissidenti che avevano lasciato Bologna (qua), poi Napoli, qualche anno dopo, 1224, inaugurata per volere di Federico II. Nel 1391 Ferrara, Pavia nel 1361, Perugia nel 1308, poi ancora Pisa nel 1338, Catania per tradizione nel 1434, e via dicendo, un secolo caratterizzato dalla necessità di ampliare i propri limiti culturali. Cosicché nel frammentato politicamente territorio italiano erano presenti nel XVI secolo circa una dozzina di università, distribuite maggiormente nel centro nord.
Il Cinquecento costituì pertanto un periodo di forte progresso, si potrebbe definire il secolo d’oro delle università. Gli studenti, oltre di origine italiana, provenivano anche dall’estero, per esempio l’università di Bologna ebbe una forte affluenza di ragazzi tedeschi, in particolar modo iscritti alla facoltà di giurisprudenza. Non di rado accadeva che un immatricolato in una data sede si spostava per frequentare in un’altra e finiva per laurearsi in un’altra ancora, un peregrinare, anche ma non solo, alla ricerca dei migliori insegnanti e delle migliori condizioni economiche e sociali. Gli alunni erano numerosi, le scuole offrivano docenti con una buona preparazione, pagati adeguatamente, come quelli presenti a Ferrara i cui eccellenti professori ricevevano dagli Este un alto salario, un motivo per attirare studenti anche di provenienza estera, oltre che dalle varie parti italiane.
Dicevamo dell’affluenza di giovani forestieri nelle università italiane, alla ricerca dei più famosi docenti e di una più profonda istruzione. A Milano, a Napoli, a Venezia, ma anche in Toscana e nello Stato pontificio si trovavano alcune delle sedi scolastiche in cui si riversavano stranieri, tedeschi principalmente. Siena, si dice (1), era “dominata” da tedeschi, oltre alla già citata Ferrara, seguivano Pisa e Perugia.
Lo studio più seguito era il corso di legge – ricordiamo l’Italia essere famosa già nel Medioevo per il buon insegnamento del diritto -, in cui i centri di Padova, Pisa e Napoli facevano la parte da leone, indi la teologia, la medicina, le arti, facoltà che preparavano per i bisogni del nuovo sviluppo sociale, politico, economico.
Con il passare dei decenni, e già dalla fine del XVI secolo, il quadro iniziò a cambiare, la forte richiesta di studi e la “calata” in Italia di uditori forestieri si spense, le università iniziarono un lento periodo di regresso, una diminuzione di iscritti, un declino che continuò per buona parte del Seicento e del Settecento. La Guerra dei Trent’anni, le varie crisi economiche del XVII secolo, così come le pestilenze e il regresso demografico, oltre a vari fattori socio-politici diedero un freno a quella florida crescita avvenuta nel secolo precedente. Da considerare altresì che nel 1564, Pio IV promulgò la bolla In Sacrosancta, che, fra le altre cose, invitava i futuri dottorandi a giurare fedeltà alla Chiesa cattolica, motivo che spingeva gli studenti protestanti a disertare le facoltà italiane. E non dimentichiamo che nel 1559 Filippo II di Spagna aveva proibito agli studenti di origine spagnola frequentare università straniere – con qualche eccezione, Coimbra, Napoli, Roma, Bologna -, idea che alcuni principi italiani e non avevano già abbracciato.
Ridotta libertà d’insegnamento, diaspora dei docenti di fama internazionale, reclutamento «provinciale», non soltanto dei lettori ma anche degli studenti, impoverimento della vita accademica ripiegata nella difesa di piccoli privilegi corporativi, ecc. sono i sintomi più rilevanti di una «condizione» di grande disagio.” (2)
Cosicché Pavia, Ferrara, Perugia, Siena, Parma e via dicendo, si trovarono privi di allievi, in una o nell’altra facoltà, causa di forte crisi finanziaria che provocò una diminuzione dei salari dei docenti a tal punto che alcuni si lamentarono per il mancato pagamento. Accadde di conseguenza che molti di loro furono spinti dalla necessità a dare corsi nelle proprie sedi o cercarsi un lavoro alternativo, spesso complementare.
Nel Seicento l’Università di Napoli partecipa alla generale decadenza delle Università europee e non riesce il tentativo di applicare lo Statuto dell’Università di Salamanca. A Napoli prendono il sopravvento scuole private, collegi ecclesiastici, accademie ed ai maestri dell’Università subentrano esponenti della cultura espressi dai ceti colti della città”. (3)
Di questa situazione generale non certo piacevole ne approfittarono alcune istituzioni private, come il Collegio dei Gesuiti (vedi articolo precedente, qua) che, in buona parte delle sedi italiane, Padova, Napoli, Bologna, ebbero un lusinghiero sviluppo, arriso anche dal fatto che oltre alle materie classiche, spingevano lo studio su settori poco battuti, quali le arti liberali, le lingue straniere, la storia, in aggiunta a un sistema educativo rigido basato sulla disciplina e l’obbedienza. In un periodo di pestilenze, di guerre, di vita irrequieta, l’idea che i gesuiti permettessero, inoltre, agli alunni sistemarsi in confortevoli alloggi all’interno della stessa struttura, in un ambiente dedito allo studio e sorvegliato, era una delle attrazioni che ne favorirono lo sviluppo. Ed era ben logico che sovrani, principi, duchi, nobili appoggiassero maggiormente le istituzioni private, togliendo l’appoggio finanziario a quelle pubbliche e inviando i propri figli in luoghi sicuri e controllati, in cui capaci insegnanti potevano seguire lo sviluppo culturale di ogni iscritto con particolare cura.
Pur tuttavia le università non si persero d’animo e si sforzarono offrire alternative, Perugia istituì la cattedra di “incisioni anatomiche”, Bologna di “meccanica” e di “filosofia in volgare”, alcune con poco seguito.
Verrà il Settecento, verrà l’età dei lumi, verrà l’epoca in cui ci sarà bisogno di più ampie aperture mentali, di distaccarsi dall’insegnamento privato e controllato dalla Chiesa, il bisogno di preparare uomini colti pronti ad affrontare i problemi che i nuovi stati incontravano nel loro cammino verso le identità nazionali.
*****
1. R. L. Kagan, Le università in Italia, 1500-1700, in “Società e storia”, anno 1985, n. 28, pag. 288.
2. M. Santoro, Storia del libro italiano, Editrice Bibliografica, Milano, 2004, pag. 151.
3. pagina web: Università degli studi di Napoli Federico II, Informazioni generali, cenni storici: http://www.unina.it/ateneo/cenni/

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