“Tornerò quando tornano le rose”.
Ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, magari non proprio ogni anno ma quasi ogni anno, in genere a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, a me viene in mente “Era de maggio“, la bellissima canzone basata sui versi di una poesia di Salvatore Di Giacomo.
Beh, è scontato, banale, lo so.
Sarebbe meno scontato, meno banale, se ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, mi venisse in mente “September” degli Earth, Wind and Fire, o “November Rain” dei Guns N’ Roses, o “Agosto” dei Perturbazione.
Sarebbe meno scontato, meno banale, è vero. Ma fa niente. La banalità non sempre è da disprezzare. C’è banalità e banalità, tra l’altro. Non tutto ciò che è banale è così banale, o per lo meno non nel senso più negativo del termine, per dire.
“L’apparizione della banalità è spesso utile nella vita, perché serve a rallentare delle corde troppo tese e fa ritornare in sé chi si era abbandonato a sentimenti troppo fiduciosi”.
Così ha scritto il drammaturgo Ivan Turgenev nel suo romanzo “Padri e figli“, pubblicato nel 1862.
Che poi non lo so se sia davvero utile o meno rallentare le corde tese. Non lo so. La cosa in fin dei conti non è che mi interessi più di tanto, ché non son tipo da abbandonarsi a sentimenti troppo fiduciosi, tutt’altro.
A ogni modo, giusto perché non perda il filo del discorso, Turgenev è anche l’autore di un racconto che non ho mai letto ma che prima o poi mi capiterà di leggere perché il titolo mi piace assai: “Diario di un uomo superfluo“, che è la storia di un uomo che sta per morire e al quale non restano che pochi giorni prima di lasciare il mondo che lui conosce; la storia di un uomo che decide di tenere un diario attraverso cui potersi liberamente raccontare.
Che poi, al di là del racconto che non ho mai letto ma che prima o poi mi capiterà – ci sono romanzi e racconti che mi si presentano nei tempi, nei modi e nelle forme più bizzarre – la parola superfluo secondo me sta pure tornando di moda. Come certi modelli di jeans, o certe cravatte, o certi mestieri, o certi piatti. Io, per esempio, mi ricordo che negli anni ottanta andava molto di moda il cocktail di scampi, o il cocktail di gamberi, che te lo servivano a mo’ di antipasto in una ciotola dentro la quale scampi o gamberi sprofondavano avvolti da una brodaglia densa e rosa.
Ecco, non so se il cocktail di scampi, o il cocktail di gamberi, stia tornando di moda, ma non è una di quelle cose di cui si sente la mancanza, delle quali non se ne può fare a meno.
E comunque, volevo dire, ogni anno, tutte le volte che arriva maggio, magari non proprio ogni anno ma quasi ogni anno, in genere a metà maggio, o nella prima settimana di maggio, comunque a maggio, a me viene in mente “Era de maggio“. Che mi fa sempre emozionare.
Era de maggio e te cadéano ‘nzino,
a schiocche a schiocche, li ccerase rosse.
Fresca era ll’aria, e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciento passe.
Era de maggio; io no, nun mme ne scordo,
na canzone cantávemo a doje voce.
Cchiù tiempo passa e cchiù mme n’allicordo,
fresca era ll’aria e la canzona doce
(…)
Salvatore Di Giacomo, 1885
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