La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

sabato 28 giugno 2014

Una società ad alto tasso conflittuale di Albert G. Keller

da il manifesto

Una società ad alto tasso conflittuale di Albert G. Keller

Saggi. «Diversità e selezione nel mutamento socioculturale» di Albert G. Keller. Gli scritti del sociologo conservatore statunitense, che analizzò gli Usa a partire dalle lotte operaie degli anni dieci del Novecento
Dal 1914 fino al 1919 la società ame­ri­cana fu scon­volta da un primo ciclo di lotte ope­raie che portò, nel 1918, alla nascita del «Natio­nal War Labor Board» (Nwlb), un’agenzia fede­rale pre­po­sta alla solu­zione dei con­flitti del lavoro. A fronte delle riven­di­ca­zioni avan­zate con le armi dello scio­pero nell’arco di un quin­quen­nio, e pro­prio men­tre gli Stati Uniti erano impe­gnati, a par­tire dal 1917, nella Prima guerra mon­diale, la classe ope­raia ame­ri­cana, con l’avallo del Nwlb, ottenne per sé: sin­da­cati, con­trat­ta­zioni col­let­tive, sala­rio minimo garan­tito, parità di trat­ta­mento eco­no­mico per le donne. Finita la guerra, a que­ste con­qui­ste non seguì più nulla, se non i roa­ring twen­ties, i «rug­genti anni venti», che si con­clu­sero con il crollo di Wall Street nel 1929 e l’inizio della Grande Depres­sione.
A una situa­zione storico-politica del genere come reagì la socio­lo­gia ame­ri­cana? Pos­siamo ini­ziare a far­cene un’idea gra­zie alla pub­bli­ca­zione di Diver­sità e sele­zione nel muta­mento socio­cul­tu­rale. Una socio­lo­gia dar­wi­niana (a cura di D. Mad­da­loni, Iper­me­dium, pp. 158, euro 14) di Albert G. Kel­ler, pro­fes­sore di Socio­lo­gia a Yale dal 1909 al 1942, suc­ces­sore del suo noto mae­stro Wil­liam G. Sum­ner. Il libro che viene pre­sen­tato per la prima volta al let­tore ita­liano con que­sto titolo, in realtà è una sorta di anto­lo­gia che il cura­tore ha rica­vato dal testo kel­le­rianoL’evoluzione delle società, uscito in prima edi­zione nel 1915 e poi rie­dito in forma rivi­sta e accre­sciuta nel 1931.
Ci sono tre motivi per cui diciamo che que­sto testo ha inscritte in sé le cica­trici del ciclo di lotte por­tate avanti dalla classe ope­raia dal 1914 al 1919, fino alla tra­gica implo­sione del 1929. In primo luogo, per le date di pub­bli­ca­zione (1915 1931); poi, per il modo in cui l’autore pensa il con­flitto sociale; infine, per il sem­plice fatto che alla con­cre­tezza sto­rica della lotta di classe che Kel­ler ha costan­te­mente di fronte a sé, non si fa mai espli­cito rife­ri­mento, indice que­sto di una tra­spo­si­zione della bat­ta­glia dal piano con­creto della sto­ria a quello astratto della teo­ria.
Il qua­dro inter­pre­ta­tivo che pro­po­niamo di Diver­sità e sele­zione è molto diverso da quello in cui lo col­loca il suo cura­tore, il quale ha a cuore che il testo venga rece­pito e discusso nelle sue evi­denze empi­ri­che più ovvie, cioè: da un punto di vista epi­ste­mo­lo­gico, nel solco di quella tra­di­zione del pen­siero sociale che si rifà al para­digma evo­lu­zio­ni­stico di matrice dar­wi­niana (da Her­bert Spen­cer a Sum­ner, fino agli esiti antro­po­lo­gici di un con­tem­po­ra­neo come Mar­vin Har­ris) e, da un punto di vista poli­tico, rispetto alla sua dimen­sione più ambi­gua e con­tro­versa, ossia, la neces­sità di una «sele­zione razio­nale» della spe­cie umana, sarebbe a dire, l’eugenetica (nella parte finale del testo il socio­logo ame­ri­cano sem­bra fare sue le teo­rie di fon­da­tori e soste­ni­tori: Fran­cis Gal­ton e Wilhelm Schall­mayer).
Dal nostro punto di vista, però, è solo in fun­zione della sto­ria e della teo­ria del movi­mento ope­raio che la socio­lo­gia gene­rale fa pre­ci­pi­tare i suoi più ripo­sti signi­fi­cati poli­tici. Senza ripor­tarlo al ciclo di lotte ope­raie ame­ri­cane (1914–1929)Diver­sità e sele­zione rimane sola­mente un pre­zioso docu­mento di sto­ria del pen­siero socio­lo­gico, al con­tra­rio, una volta messo nella loro pro­spet­tiva, si illu­mina di una potenza ine­dita.
È solo per­ché ha visto gli ope­rai lot­tare e otte­nere ciò che vole­vano in un momento così dif­fi­cile come quello rap­pre­sen­tato dalla Prima guerra mon­diale, e con­qui­starlo per sé come classe men­tre il Capi­tale com­bat­teva in quanto Nazione, che Kel­ler può for­giarsi un’immagine del con­flitto sociale di que­sta por­tata: «Tutti que­sti gruppi lot­tano per una posi­zione, nella strut­tura socie­ta­ria, che con­senta ad essi di per­se­guire e soste­nere le pro­prie spe­ci­fi­che ini­zia­tiva in mate­ria eco­no­mica e sociale, che pos­sono otte­nere rico­no­sci­mento e gua­da­gnare influenza o al con­tra­rio essere eli­mi­nate ancor prima di pren­dere forma. In tutti que­sti casi è evi­dente che la sele­zione è all’opera, e cioè la lotta tra le classi, nella misura in cui verte sul con­se­gui­mento di una posi­zione di influenza da parte di que­sto o di quel gruppo, si tra­duce in una posi­zione di van­tag­gio per uno o per l’altro tipo di regole sociali».
Quando si arriva for­mu­lare un’immagine del genere poca conta che l’autore sto­ri­ca­mente si sia schie­rato con i repub­bli­cani e abbia avver­sato il New Deal di Roo­se­velt (così è andata per Kel­ler, come ci ricorda il cura­tore), a valere è la con­ce­zione di una società che, abban­do­nate le ipo­cri­sie pic­colo bor­ghesi di paci­fica con­vi­venza e di felice auto­rea­liz­za­zione per­so­nale, si sco­pre ani­mata ovun­que dallo scon­tro: «Con­si­de­rata da que­sto punto di vista, una società com­plessa è un’arena ribol­lente di con­flitti, indu­striali, com­mer­ciali, poli­tici, reli­giosi, morali».
Men­tre lo scien­ziato sociale non fati­cherà a rico­no­scere in argo­men­ta­zioni di que­sto tipo una socio­lo­gia del potere webe­riana, il diri­gente poli­tico, molto più con­cre­ta­mente, vedrà in esse la potenza di agire e lo spa­zio di mano­vra tipico di ogni sog­getto rivo­lu­zio­na­rio. E ripren­derà il lavoro dove l’ha lasciato la classe ope­raia americana.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.