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domenica 5 febbraio 2012

L'economista François Chesnais: "I debiti frutto della speculazione sono odiosi e si ha diritto all'insolvenza"

L'economista François Chesnais L'economista François Chesnais 

L'economista François Chesnais: "I debiti frutto della speculazione sono odiosi e si ha diritto all'insolvenza"

di Ignazio Dessì
C’è un nuovo spettro che s’aggira per l’Europa e per il mondo: quello della finanza. Quella più becera, dei prodotti tossici e della speculazione, che distrugge le vite di milioni di persone insieme alla democrazia e all’ambiente. Da un trentennio ormai il liberismo più sfrenato e senza controllo crea disastri e mette in discussione il modello capitalista occidentale. Con la scusa del debito pubblico da saldare senza se e senza ma il modello liberista-monetarista-finanziario incrina lo stato sociale e ingigantisce la differenza di reddito tra la gran parte della popolazione e una piccola porzione di essa sempre più ricca.
Un libro dell’economista francese François Chesnais (Debiti illegittimi e diritto all'insolvenza, edizioni DeriveApprodi) analizza a tutto tondo questo processo che ha al centro la proliferazione di rendite finanziarie ingiustificate e slegate dall’economia reale. Il professore dell’Università di Parigi prende in esame lo sprazzo temporale che va dalla crisi dei subprime a quella pesantissima dei giorni nostri, mettendo a nudo i limiti, le fragilità e le storture del sistema bancario mondiale insieme alla frenetica ricerca, da parte dei gruppi di potere, di soluzioni politiche e istituzionali tese a un solo fine: alimentare il dominio dei potentati finanziari. Il tutto, ovviamente, sulle spalle dei cittadini.
La finanza speculativa, con la creazione, negli ultimi decenni, di uno spropositato debito pubblico contestuale alla deregolazione finanziaria e al benevolo abbassamento di imposte per i più ricchi, ha creato in Europa deficit pubblici enormi finanziati con l'indebitamento. Ma l’indebitamento selvaggio, e spesso pilotato, è anche la scusa per accelerare la privatizzazione e la precarizzazione.
Chesnais propone quindi quale unica soluzione la creazione di un movimento contro il pagamento dei debiti illegittimi, “conseguenza – come lui evidenzia - degli interventi di salvataggio del sistema bancario e della speculazione che aumenta esponenzialmente gli interessi che gli stati devono pagare sui loro buoni del tesoro”. Le conseguenti politiche di rigore di bilancio e di riduzione delle retribuzioni imposte dalla Ue, dalla Bce e dal Fmi non fanno poi che far scivolare inevitabilmente il Vecchio continente nella recessione. Intanto i governi, che favoriscono l’evasione e non tassano patrimoni e capitali, finiscono col trovarsi sommersi dal debito nei confronti degli hedge funds stranieri e delle banche.
E’ questo un punto fondamentale dell’essenza malefica del debito. La spesa degli Stati per far fronte agli interessi consente "un incredibile trasferimento di ricchezza" nelle pance voraci di istituti bancari e fondi di investimento, ovviamente a scapito dei redditi dei lavoratori, del futuro dei giovani e della qualità di vita dei cittadini. Le banche per altro prestano denaro “senza osservare criteri di corrispondenza con l’ammontare dei depositi e dei risparmi” raccolti. In pratica – spiega bene Chesnais - non sono dei “semplici intermediari” come in genere si crede. Anzi, “dopo la loro mutazione finanziaria, - aggiunge l’economista - i profitti più consistenti per gli istituti bancari provengono proprio dalla loro attività di creazione di credito”.
Ma è inevitabile pagare i debiti? Quando i debiti degli stati sono ingiustificati, frutto della speculazione e degli interessi finanziari, sostiene Chesnais, diventano “odiosi”. Sono cioè "contratti contro gli interessi dei cittadini e senza il loro consenso. Allora è giusto non pagarli". Perché se si insegue il loro pagamento, specie in tempi rapidi, la conseguenza è distruggere “i diritti sociali, schiacciare i redditi e lacerare quel che resta dei beni comuni e delle spese collettive indispensabili a garantire la coesione sociale”. Bisognerebbe verificare, allora, attraverso audit approfonditi, "quale quota proviene dal risparmio e quale dalla speculazione, chiedere una moratoria e stabilire chi sono i creditori e come è nato il debito. Stabilire quale parte di questo sia da rimborsare e quale da contestare".
Questo è il nocciolo della questione e qui dovrebbe passare, probabilmente, uno degli spartiacque tra una nuova destra monetarista e finanziaria e una nuova sinistra forse ancora da inventare. Il problema vero infatti è il ruolo assunto in questi anni dal capitalismo finanziario che “ha globalizzato gli appetiti imperialisti” attraverso “la trappola del debito”. Perché, in nome dell’indispensabilità del suo pagamento, si diffonde a macchia d’olio “una dittatura della finanza basata sullo sfruttamento della forza lavoro”. Sfruttamento che si esplica nel “realizzare e piazzare”, a pacchetti, nella roulette del gioco finanziario, il plusvalore estratto da quello che Chesnais chiama “lavoro vivo”. Gli stessi governi statali, secondo Chesnais, sono tutori degli interessi del capitalismo finanziario mondiale ed è quindi indispensabile che tutto il mondo del lavoro e le forze progressiste si attivino e rivendichino il “diritto all’insolvenza”. La lotta al debito, non voluto dai cittadini che non ne hanno colpa, è per ciò la “lotta contro il plusvalore e la sua natura” sfruttatrice”. Del resto – come ha sostenuto di recente il segretario della Cgil Susanna Camusso – “le politiche monetariste non ci porteranno certo fuori dal guado. Troppa è la differenza tra profitti e reddito da lavoro".
Bisogna dunque ripartire dalla presa di coscienza e dall’opposizione contro gli eccessi del capitale. Lo si può fare "riorganizzando i lavoratori, i giovani, gli studenti e le loro famiglie in affanno per pretendere il diritto allo studio e alla sua libertà". Bisogna, conclude l'intellettuale francese, “soggettivare il diritto all'insolvenza, sottraendolo al cappio del debito come mezzo di esercizio di un potere globale contro il quale concretamente mobilitarsi”. Per capovolgere l’assunto, viene spontaneo aggiungere, che il mercato, e solo il mercato, sia ineluttabilmente il deus ex machina delle nostre vite. Per riscoprire che al centro di tutto ci deve essere l’uomo e non lo spietato interesse di chi specula attraverso la finanza.
 

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