La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

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Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

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Dettagli di un sorriso

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Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

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lunedì 26 dicembre 2011

Felici: "Il calcioscommesse è un cancro antico difficile da estirpare"


Felici: "Il calcioscommesse è un cancro antico difficile da estirpare"

di Andrea Curreli
Il nuovo capitolo dello scandalo del calcio si chiama "Last bet", dal nome dell'inchiesta in due trance che ancora una volta getta fango sullo sport più amato dagli italiani. Mentre diversi giocatori noti e meno noti finiscono in manette, il mondo sportivo si ricorda che quel vecchio cancro chiamato Calcioscommesse non è stato mai estirpato. Un male che viene da lontano e precisamente da un "fascistissimo" derby della Mole datato 5 giugno 1927. Torino e Juventus si contendevano il primato della città e lo scudetto, così uno dei più forti difensori di allora, Luigi Allemandi, fu comprato per favorire i granata. Esplose lo scandalo e lo scudetto non fu assegnato, ma era solo l'inizio. In un susseguirsi di partite combinate, corruttori e corrotti, faccendieri e giocatori più o meno ingenui, inchieste federali e squalifiche siamo passati attraverso Totonero negli anni Ottanta e Calciopoli o Moggiopoli nei Duemila. Veleni e polemiche non ancora sedate, la Juve in B e lo scudetto 2006 all'Inter, fino ai recentissimi tavoli della pace. Mentre gli italiani si sono quasi assuefatti allo scandalo del giorno, il giornalista sportivo Antonio Felici ha dato alle stampe il suo Le pagine nere del calcio (Iacobelli editore, 2011). Il corrispondente italiano di France Football ricostruisce nel dettaglio non solo le vicende legate alle scommesse, ma anche il doping e la violenza negli stadi. "Ho voluto raccontare 85 anni di scandali del calcio italiano per ricordare a tutti quali sono i rischi che il nostro amato sport corre" precisa l'autore a Tiscali.
Felici, si aspettava di vedere nuovamente i giocatori in manette come negli anni Ottanta?
"Allora con lo scandalo del Totonero vedemmo anche le macchine della polizia negli stadi e fu uno shock incredibile. Poi l'abbiamo rivisto recentemente con Beppe Signori, che si lamentò molto per le manette. Possiamo anche discutere dei metodi, ma il punto è un altro. Nonostante ci sia stata Calciopoli e nonostante tutti fossero convinti che dopo un evento così clamoroso e la sua archiviazione si poteva tornare alla normalità, il marcio è riemerso. La realtà è che il calcio italiano, soprattutto nelle serie inferiori, è infestato da questa situazione e i tentacoli arrivano anche in serie A".
Ma qual è il parallelo con Calciopoli?
"Chiaramente le situazioni sono molto diverse. Calciopoli è stata una vicenda che ha visto alti dirigenti creare un blocco di potere atto ad assicurare la vittoria di un club in particolare, o più in generale di alcuni club. Oggi invece abbiamo davanti dei problemi legati alle scommesse sportive, la compravendita di partite e così via. Questo è un cancro molto difficile da estirpare perché riguarda squadre e partite che stanno meno sotto i riflettori. Ogni domenica nella vecchia serie C accade veramente l'inverosimile".
C'è stata un'evoluzione del sistema del calcioscommesse?
"L'evoluzione è stata relativa. A parte la vicenda Allemandi che rappresenta un unicum ed è molto distante nel tempo, dagli Cinquanta sino a oggi abbiamo avuto in media uno scandalo ogni 4-5 anni. Ma il meccanismo è sempre più o meno lo stesso.Gli attori principali a volte sono dei millantatori, a volte sono personaggi con reali aderenze, ma sempre gente di basso profilo che naviga nel mondo del calcio per passione o per interesse. I calciatori più ingenui o più farabutti finiscono per farsi coinvolgere da queste persone in storie poco chiare. Il caso più noto è quello di Cruciani e Trinca i protagonisti dello scandalo del 1980. Uno faceva il ristoratore e l'altro il fruttivendolo all'ingrosso ed entrambi erano amici dei giocatori della Lazio di allora. Ma anche in altre vicende sono saltati fuori il tabaccaio, il barista o l'edicolante che si facevano collettori delle scommesse illegali. Oggi si usano le schede telefoniche mentre allora si andava avanti con sistemi più artigianali, ma da sessant'anni a questa parte il meccanismo è sempre lo stesso".
Le legalizzazione delle scommesse sembrava aver stroncato o arginato il Totonero.
"La legalizzazione indubbiamente è riuscita a limitare il fenomeno di massa perché prima c'era solo il Totocalcio e non si poteva scommettere sulla singola partita. Una volta c'era il famoso picchetto che raccoglieva le scommesse clandestine, mentre oggi uno si può divertire semplicemente andando in un'agenzia o attraverso i siti internet specializzati. Ma questa era solo una faccia del problema. L'altra, più pericolosa, è la combine davanti alla quale ha scarsa rivelanza se la scommessa è legale oppure no. Torniamo all'esempio del 1980: Cruciani e Trinca si accordavano con i giocatori per fregare il Totonero. Combinavano i risultati delle partite per scommettere su partite sicure e risultati già concordati e vincere ingenti somme. Un gioco molto rischioso perché fatto a danno della criminalità organizzata. La stessa cosa avviene oggi con i privati che raccolgono legalmente le scommesse. Da questo punto di vista è cambiato molto poco".
Ma è così facile organizzare una combine?
"La tentazione della combine è sempre molto forte ed molto difficile controllare il fenomeno. Dal punto di vista deontologico il giocatore non dovrebbe scommettere, ma chi può impedirgli di suggerire la scommessa a un amico o un parente? L'unica cosa che si può fare, una volta scoperta l'avvenuta combine, è agire attraverso la giustizia sportiva e quella ordinaria in maniera dura".
Il fenomeno non riguarda solo le gare di campionato, lei cita la combine mai provata tra Italia e Camerun nei Mondiali del 1982.
"Ho voluto riprendere quell'episodio perché non è mai stato del tutto chiarito ed è costato caro ai due giornalisti che fecero l'inchiesta ovvero Beha e Chiodi. I giornalisti sollevarono il dubbio che ci fosse stato un accordo per il pareggio che avrebbe permesso all'Italia di andare avanti nei Mondiali di Spagna. L'inchiesta non produceva delle prove certe sulla combine avanzando solo dei dubbi, ma la Federazione al posti di fare un'indagine e favorire il chiarimento di una situazione spiacevole ha cercato in tutti i modi di insabbiare per non macchiare la vittoria degli azzurri. Inoltre i giornalisti hanno avuto serie conseguenza professionali. Se tu fai di tutto per insabbiare una vicenda avvalori il sospetto che ci sia  qualcosa di poco pulito".
Torniamo ai nostri giorni con la polemica per lo scudetto del 2006. Qual è la sua idea su Calciopoli?
"Nel momento in cui viene accertato che qualcuno ha sbagliato, quest'ultimo deve essere condannato e punito. Questo metro deve valere per tutti. La Juventus è stata giudicata, punita duramente ma giustamente. I tifosi della Juve hanno ragione a lamentarsi del fatto che, grazie alla difesa di Moggi e alle intercettazione, anche l'Inter non aveva un comportamento cristallino. I tifosi bianconeri e Andrea Agnelli hanno ragione a chiedere che ci sia nei confronti dell'Inter un trattamento identico, ma nella pena. Il fatto che anche Moratti abbia fatto cose poco chiare però non assolve la Juve che è stata giustamente retrocessa in serie B. Il problema è che le nuove intercettazioni sono arrivate tardi per poter giudicare l'Inter e poi è scattata la prescrizione. Palazzi nella sua requisitoria è stato chiaro ribadendo che si prefigura una certa colpevolezza da parte dell'Inter".
Quindi il tavolo della pace tra i vari presidenti non ha possibilità di riuscita.
"Ha una sola possibilità di riuscita ovvero ognuna delle parti in causa deve fare un passo indietro. La Juve deve rinunciare alle richieste di risarcimento danni, che dal mio punto di vista non hanno nessun fondamento, e alla restituzione dei titoli. Essendo stata accertata la colpevolezza della Juve, il discorso è chiuso. Ma un passo indietro lo dovrebbe fare anche l'Inter restituendo il titolo del 2006, perché era stupida anche solo l'idea di attaccarselo sulla maglia. Dovrebbe restituirlo spontaneamente anche senza l'imposizione della Federazione. Poi Moratti dovrebbe rinunciare alla prescrizione, andare in giudizio e consentire di essere giudicato. Se si andasse a giudizio probabilmente verrebbe accertato che le responsabilità dei nerazzurri erano notevolmente inferiori a quelle della Juve e la loro posizione assimilabile a quella del Milan. Però finché Moratti non rinuncerà alla prescrizione non potrà mai più sostenere il concetto dell'onestà".
Secondo lei Inter e Juventus faranno questi passi indietro?
"E' molto difficile".

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