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venerdì 13 aprile 2012

La passione come antidoto alla melanconia per non sentirsi più "Stranieri alla terra"


La passione come antidoto alla melanconia per non sentirsi più "Stranieri alla terra"

di Andrea Curreli
Un filo sottile unisce personaggi diversissimi tra loro, vissuti in secoli differenti ma dotati di un fuoco interiore che li portava a non riconoscersi nella loro società e ad estraniarsi da essa. Lo scrittore Ernest Hemingway, il pittore francese Théodore Géricault, il generale americano Thomas "Stonewall" Jackson, il musicista Bix Beiderbecke e Michelangelo si alternano nelle pagine del libro Stranieri alla terra dello scrittore romano Filippo Tuena. Le loro storie non si intersecano ma come piccoli tasselli compongono il mosaico perfetto di vite dedicate alla fuga dalla malinconia. Un romanzo sicuramente atipico, ma proprio per questo dotato di un suo fascino. "Uno dei temi portanti del libro è la passione, un elemento propositivo che però si scontra con quello che circonda l'individuo. Tutti questi uomini l'avevano e cercavano semplicemente di esprimerla", premette lo scrittore di Le variazioni Reinach (premio Bagutta nel 2005) e Ultimo parallelo (premio Viareggio nel 2007).
Tuena, partiamo dal titolo Stranieri sulla Terra che i richiama i concetti di estraneità ed estraniamento?
"Volevo scrivere un libro sui personaggi storici che mi interessavano perché avevano questo aspetto stridente nei confronti del mondo che li circondava. Prendiamo ad esempio Théodore Géricault, un pittore di grande importanza che però ha avuto sempre un rapporto piuttosto complicato con il sistema commerciale della pittura. Anche il generale Jackson era un personaggio singolare perché apparentemente si poneva fuori dal contesto della guerra, ma era un grandissimo stratega. Un fortissimo conflitto tra il desiderio di esprimersi in maniera libera e le orchestre commerciali nelle quali lavorava, ha caratterizzato la vita di Bix. Tutti sono uniti dal trovarsi a disagio o essere visti in una situazione di contrasto verso ciò che li circonda".
Lei si riferisce a un problema di interazione con il cosiddetto sistema oppure a una più ampia estraneità alla società?
"E' una estraneità alla società in generale, ma che trova il punto di maggiore evidenza nell'ambito della propria espressione. Così per Géricault è la pittura e per Bix è la musica. Anche nella parte autobiografica del libro in cui racconto di una mia visita al complesso fiorentino di San Lorenzo e alla Sagrestia Nuova di Michelangelo. Il concetto è: stare in un posto e rendersi conto che lì arrivano impulsi che provengono da altrove. Anche quando si è al centro di una situazione in realtà si è ai margini perché le cose importanti accadono altrove e a noi arrivano barlumi di quello che è essenziale".
E’ un libro che chiude una fase della sua vita e che impone un bilancio?
"Sicuramente è un lavoro che chiude dei conti perché non scriverò più cose di questo tipo. Potrebbe essere il bilancio di una attività letteraria durata una quindicina d'anni. Però non so se i bilanci si facciano solo alla fine della vita perché a un certo punto della tua esistenza ti trovi davanti a un muro impenetrabile e non c'è più comunicazione con il mondo che ti circonda. Prevale il senso di solitudine e si deve ragionare sulla incomunicabilità perché le sofferenze e i disagi sono sempre individuali".
Gli sbalzi temporali del suo libro smentiscono la teoria secondo la quale l'incomunicabilità dell'individuo è una caratteristica specifica della nostra società.
"Non credo che ci siano grandi differenze tra le varie epoche perché il conflitto è sempre tra l'individuo e la società. Porsi in maniera autonoma rispetto a  sistemi e organizzazioni collaudate produce sempre una difficoltà di collegamento e comunicazione. A noi può sembrare che questa epoca sia particolarmente superficiale o sgraziata, ma questo è fisiologico".
Quali aspetti personali dei singoli personaggi del suo libro fanno parte del Dna di Filippo Tuena?
"Ho una grande passione per la musica di Bix Beiderbecke. Penso che i suoi grandi assoli raccontino in maniera perfetta quello che lui vuole trasmettere perché contengono grande eleganza, semplicità e imprevedibilità. Da lui vorrei prendere questa grande capacità di raccontare le proprie storie che ovviamente non è letteraria ma musicale. Poi ci sono rapporti affettivi con Michelangelo che ormai considero un compagno di viaggio ingombrante ma al tempo stesso molto generoso. Dico questo perché studio le sue opere da una ventina d'anni".
Arte e musica sono utili mezzi per elevarsi da una vita banale?
"Siamo all'interno di un contesto letterario e quindi il paragone tra la pagina scritta e le altre forme artistiche mi viene naturale. Non credo che siano mezzi particolari o favoriti per liberarsi della melanconia. Qualunque forma espressiva che nasce da una passione è fondamentale". 

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