La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

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Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

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romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

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Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

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romanzo di Gianni Zanata

martedì 3 aprile 2012

Politica e affari all’ombra del grande inciucio

Politica e affari all’ombra del grande inciucio


Apparentemente avversari, Berlusconi e D’Alema alimentano un nucleo di potere che da 20 anni paralizza il Paese. Un libro-inchiesta di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa per Chiarelettere illumina quello che è il cuore oscuro della politica italiana. Dove esponenti di destra, centro e sinistra vanno d'amore e d'accordo. Nel nome del business.

di Rossella Guadagnini
Nei paesi europei il sottobosco è composto da muschi, arbusti e felci. In Italia no. Da noi è l'habitat ideale per la maggior parte di specie e sottospecie di politici, appartenenti a schieramenti opposti, che prosperano insieme all’ombra di alberi di alto fusto. Nel teatrino della politica della Seconda Repubblica si afferma una strana coppia: nel 1994 Silvio Berlusconi vince le sue prime elezioni; nello stesso anno Massimo D’Alema è eletto segretario nazionale del Pds. Mera coincidenza di date? Non proprio. Tant’è che, da allora, i due non hanno mai smesso di “scambiarsi gentilezze”.

Come quella di tenere nel cassetto la proposta di legge sul conflitto d’interessi e la riforma del sistema televisivo quando c’erano i numeri per approvarle. O di lasciare che il seminterrato di Palazzo Grazioli, sede storica del Cavaliere, venisse affittato alla Red Tv, ormai defunto canale satellitare di area dalemiana. C’è poi la vicenda della Bicamerale, la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, istituita nel 1997, alla cui guida fu scelto D’Alema con l’appoggio di Forza Italia e dei centristi.

“Per questa via Berlusconi fu accettato dalla sinistra allora al governo come partner per la riforma della Costituzione”. E’ quanto affermano due giornalisti, Claudio Gatti inviato speciale del Sole 24 Ore e Ferruccio Sansa del Fatto Quotidiano, nel loro libro-inchiesta sul malaffare di berlusconiani, dalemiani e centristi, uniti da una comune passione, quella dei soldi, che mette tutti dalla stessa parte. "Il sottobosco", appena edito da Chiarelettere (pp. 208 euro 15), nasce con l’intento di dimostrare come, “malgrado destra e sinistra in apparenza lottino strenuamente, nella realtà dei fatti, a prescindere dall’appartenenza politica, si cerchino accordi sottobanco che possano tradursi in un vantaggio per entrambe le parti”.

Perciò non basta chiudere la parentesi berlusconiana per risanare l’Italia. “Finché non riusciremo a spezzare questa rete nascosta di interessi – sostengono gli autori – non potremo mai rilanciare il nostro Paese ed essere sicuri che le risorse pubbliche vengano utilizzate in modo trasparente”. Loro, intanto, forniscono un bel po’ di materiale: nomi, luoghi, date, inchieste, verbali e intercettazioni ricostruiscono con precisione ambienti, stili di vita, gusti, interessi e perfino espressioni verbali, che delineano un inquietante ritratto di ‘gruppo di famiglia in un interno’.

La strana coppia delle convergenze parallele: chi ‘tende’ a sinistra, chi a destra

Il 3 luglio 2008 l’ambasciatore statunitense a Roma, Ronald Spogli, invia un cablo segreto al Dipartimento di Stato americano circa alcuni giudizi di D’Alema che valuta opportuno riferire al proprio governo. “Nonostante tradizionalmente si ritiene che tenda a sinistra, l’ex primo ministro e attuale ministro degli Esteri ha detto all’ambasciatore che la magistratura costituisce la più grave minaccia allo Stato italiano”. E’ la vigilia di Natale 2010, quando il rapporto viene reso pubblico da Wikileaks. D’Alema si affretta a smentire, sostenendo che il diplomatico aveva frainteso o deformato i fatti. Quel parere, però, fu subito ritenuto “in perfetta sintonia con quelli del premier” dal vicepresidente del gruppo Pdl a Montecitorio, Osvaldo Napoli.

Alla domanda “D’Alema al Quirinale le piace?”, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri nel 2006 durante la trasmissione tv “Che tempo che fa” risponde: “Da uomo della strada dico sì, mi piace, è uno con la testa. E’ molto simile al Cavaliere, sono uomini che non usano bizantinismi. Alle volte possono essere sprezzanti o taglienti, ma sono diretti. Da uomo d’impresa dico che è uomo di parola. Dieci anni fa è venuto in azienda e ha detto che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio del paese e infatti con il suo governo non abbiamo avuto nessun problema”. Come dire che anche quando c’è stata la sinistra al governo è come se ci fosse stato Berlusconi, almeno riguardo all’assetto del mercato televisivo.

Ma le curiose convergenze negli apprezzamenti reciproci tra le parti non si fermano qui, sottolineano Gatti e Sansa. Ecco cosa dice Marcello Dell’Utri, braccio sinistro di Berlusconi, sul Riformista del 23 dicembre 2009. “D’Alema resta il migliore di tutti. Io sono dalemiano convinto. Lo sono sempre stato e lo sono ancora. Con Bersani è giusto parlare perché è segretario del partito, ma D’Alema è D’Alema”.

Fin qui, forse, solo scambi di cortesie. Il grande male italiano, per i due cronisti, resta “quell’intreccio di interessi che raramente emerge alla luce del sole, che tuttavia condiziona in modo decisivo la vita del Paese”. Il sottobosco diviene così cuore politico-economico, dove il vero motore è il business e l’interesse di pochi piega quello generale.

La governance del malaffare: imprenditori, lobbisti e faccendieri

Emblematico l’affare del petrolio venezuelano: da una parte l’imprenditore Roberto De Santis, detto “l’uomo invisibile” per la difficoltà di rintracciare una sua immagine recente, che chiama D’Alema “fratello maggiore”. Dall’altra Dell’Utri “cinghia di trasmissione tra Forza Italia e la mafia” secondo il Tribunale di Palermo. In mezzo un mediatore, il faccendiere calabrese Aldo Micchiché, ex democristiano, latitante ed emissario dell’ndrangheta in Sud America.

Ogni occasione è buona per garantire favori o assicurarsi affari, ricordano Gatti e Sansa: anche il giro di escort che Gianpaolo Tarantini, per gli amici “Gianpi”, procura per le spensierate serate di Berlusconi “con lo scopo finale di fare affari con gli amici di D’Alema”. Un intero capitole è poi dedicato alla galassia della Fondazione Italianieuropei del leader Maximo, sorta nel 1998 (“ogni politico che si rispetti ne ha una sua”), quando l’esponente storico della sinistra ricopriva l’incarico di presidente del consiglio, poi finita sui giornali per le indagini della magistratura. “La fondazione – scrivono i cronisti – dichiara scopi culturali ma il suo nome è stato citato in alcune delle inchieste più clamorose del 2010-2011”.

Aldo Di Biagio, deputato di Fli eletto nel 2008 nel Pdl per la circoscrizione Europa, in un’intervista del programma “Gli intoccabili” su La7, parlando del mercanteggiamento di cui è stato oggetto a fine 2011 ha raccontato di quando, per non farlo passare a Futuro e Liberta di Gianfranco Fini, gli è stato proposto da un collega di partito di “aprire una fondazione. Ti faremo avere un contributo di un milione e mezzo. Da Finmeccanica”, la “gallina dalle uova d’oro del sottobosco politico italiano”, chiosano Gatti e Sansa.

Capita anche che lobbisti di sinistra, che hanno conquistato poltrone e strappato contratti ovunque, “si appoggino a uomini di potere centristi o berlusconiani. Le regole del merito e della competizione sono falsate e i grandi investimenti con risorse pubbliche decisi senza garanzie di trasparenza”. Un potere invisibile, privo di investitura popolare, perché a rendere concrete scelte politiche decisive, che riempiono le prime pagine, alla fine “sono figure di secondo piano chiamate a realizzarle”.

Nel look come negli affari, una prassi politica comune nel sottobosco

“In politica la prassi è di dichiarare stima e amicizia per poi sferrare la classica pugnalata alle spalle – concludono Gatti e Sansa – Berlusconi e D’Alema, invece, da due decenni ostentano una reciproca inimicizia, se non disprezzo, per poi scambiarsi gentilezze sottobanco. Abbiamo cercato di offrire una chiave di lettura delle convergenze del mondo dalemiano con quello berlusconiano e con l’Udc di Pierferdinando Casini nel cosiddetto ‘sottobosco’. E di dimostrare come lo stile di vita della classe dirigente degli ultimi due decenni sia simile”, nel look come negli affari.

Né si tratta soltanto di simboli esteriori, il Rolex al polso, il Burberry o le Church. O di allegri salotti e scandali delle escort dai risvolti bipartisan. Quanto di un’intera classe politica che condivide interessi, finalità, modi e maniere. Una rete trasversale agli schieramenti, un modello di gestione del potere diffuso tanto a destra quanto a sinistra e a quel che resta del centro.

La casta non è un’invenzione ben riuscita. “So che in Italia c’è questa deriva antipolitica e mi rassegno”, ha commentato a Repubblica sabato 31 marzo Marcello Pera, senatore Pdl e presidente del Senato fino al 2006. Dalla fine del mandato per 10 anni (2016) continuerà a godere i suoi benefit, secondo le regole di palazzo Madama, ma non si sente un privilegiato. “Non mi cambia la vita. Neanche un po’. Il Paese ha preso questa piega. Il giornalismo ha preso questa piega. Diamogli sfogo liberamente”.

“Si può parlare veramente di maggioranza e opposizione quando le due realtà convergono?”, chiedono Gatti e Sansa. “Può esistere una vera dialettica politica se all’ombra del sottobosco amici e alleati di un leader condividono affari e comportamenti con quelli dell’altro?”. Chi ha una certa idea della sinistra potrebbe rispondere, con Eugenio Montale, questo è “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

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