da Sardegna 24
CULTURA
Contemporanei e primitivi
Non abbiamo i bronzi di Riace: sono nostri i giganti di Monti Prama. Non abbiamo monumentos anticos, ma possiamo vantare tumbas apertas a bentos in Nudorra e Nurai: ovvero - come scriveva un grande poeta del Novecento sardo, Antonio Mura Ena - non abbiamo monumenti antichi: abbiamo la preistoria dei nuraghi, delle tombe di giganti. Qui la bellezza, l’arte, non hanno canoni classici, bensì anticlassici.
Così come accade nell’arte aborigena, nel suo Dreamtime, l’era del sogno che precede la formazione del mondo: ab origine, appunto. Ed è “tempo di sognare” anche per il museo Man di Nuoro, sino al 28 agosto, con Dreamtime: per numero (290 opere) e per qualità delle opere proposte la più completa esposizione mai ospitata in Italia sull’arte aborigena australiana contemporanea.
Un percorso cominciato a febbraio con Lo spirito dell’arte aborigena che ora culmina in Arcaicità e astrazione. Il linguaggio dell’arte aborigena. Arcaicità e astrazione, parole non casuali, volute dalla direttrice del Man, Cristiana Collu, che ricalcano il celebre volume Organicità e astrazione dell’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli: «La forza iconografica delle opere - dice Collu - la simbologia primitiva e arcaica, determinano una serie di analogie con la cultura sarda primigenia, archeologica, tradizionale e identitaria, creando un grande gioco di rimandi e risonanze che dall’arte proveniente da un continente agli antipodi ci riporta alle evidenze e ricchezze del territorio che noi abitiamo».
Continenti agli antipodi ma con una comune insularità: un gioco di rimbalzi che a partire dal Man si riverberera idealmente ai siti archeologici e ai musei etnografici dell’isola: «La pittura delle prime civiltà - continua Collu - è forse l’espressione artistica più affascinante per lo spettatore di oggi. Oltre che sulla figura umana, è infatti in grado di dirci qualcosa sul suo rapporto con l’ambiente che la circonda e che la condiziona: i suoi simili, gli animali, la natura. E lo fa nel linguaggio formale caratteristico di ogni cultura e soprattutto, suggestivamente, con i colori».
Primitivo e primitivismo, categorie concettuali indispensabili e importanti chiave di lettura per comprendere la pittura delle Secessioni e dello stesso Giuseppe Biasi, che il “primitivo” lo studiò prima in Sardegna e poi in Africa; come Gauguin, che andò a studiarlo ad Haiti.
“Primitivo”, un termine largamente in uso nella letteratura etnologica al posto del desueto “selvaggio”, si è progressivamente contaminato con altri significati desunti dal linguaggio della critica artistica, che denomina ‘primitivi’ i preraffaelliti come anche Giotto e i giotteschi; un termine, dunque, che ha molteplici e complessi orientamenti di senso.
Il progetto del Man ha come “garante di qualità” il Koorie Heritage Trust, unico organismo riconosciuto a livello internazionale per la valorizzazione e lo studio delle culture aborigene.
Artisti di riconosciuta fama come Clifford Possum, John e Luke Cummins, Trevor Turbo Brown, Craig Charles e altri emergenti che si stanno affermando nel panorama internazionale figurano in una mostra nel cuore della Sardegna, a Nuoro, che sta ospitando la più numerosa collezione di lavori aborigeni che abbia mai lasciato l’Australia: «Una sorta di infanzia della storia – conclude Cristiana Collu – che avvicina il contemporaneo, il tempo presente alle nostre radici, con una forte spinta alla scoperta, alla creazione, alla invenzione, al rispetto, al riconoscimento e infine al senso di appartenenza ai luoghi che hanno plasmato e plasmano la nostra visione del mondo».
I luoghi hanno plasmato e plasmano anche la visione del mondo espressa dall’arte sarda. Non monumentos anticos. Bensì tumbas apertas a bentos in Nudorra e Nurai.
16 luglio 2011
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