La lezione di Alfredino non ci è servita. I palinsesti pullulano di format al sangue
di Mariano Sabatini
- La lezione di Alfredino non ci è servita. I palinsesti pullulano di format al sangue
- Luciano Rispoli, unico professionista in là con gli anni a riposo forzato in un paese per vecchi
Era il giugno del 1981, trent’anni fa. E in trent’anni la spregiudicatezza unita a una non meno colpevole inesperienza che indusse gli “attori” di quei fatti a spalancare le porte sull’oscurità - a cui Veltroni accenna nel titolo e poi spiega bene nel dipanare sapientemente gli accadimenti – non ci hanno insegnato nulla. Tutto il contrario. “Non c’è dubbio che gli anni Settanta, e non solo la seconda metà, siano stati segnati da crimini e tragedie collettive. Ma è stato anche l’ultimo periodo della storia italiana in cui i giovani – sia pure finendo in molti casi per tradire quell’intento – hanno pensato di poter essere felici tutti insieme”, scrive Aldo Cazzullo su Sette, a margine di una nota sul libro di Veltroni. Con gli anni Ottanta le cose non cambiarono. E aggiungo, è come se di quelle violenze avessimo bisogno anche oggi, solo le sublimiamo attraverso il piccolo schermo. La televisione restituisce “crimini e tragedie collettive”, li impone, li ricicla, in apparenza li ripulisce e li fa metabolizzare.
Da quando le dirette sui disperati salvataggi di Alfredino hanno irrotto nelle nostre esistenze (ce le proponevano persino a scuola) o il filmato della fucilazione di Pecci, mandato in onda da una piccola emittente locale, squassò le cronache, le tecniche delle comunicazioni orrorifiche di massa si sono addirittura raffinate. Il buio è sempre fitto ma camuffato da luce che rifulge, mentre rumore e gossip grand guignol vengono spacciati per giornalismo. I palinsesti di tutte le reti - tranne forse La7 e Sky - forniscono esempi a iosa.
Saremmo grati a chiunque sapesse spiegarci a cosa sia servito proporre ai telespettatori il filmino nuziale di Melania Rea, dalle parti di Retequattro. Raiuno ha messo al lavoro fior di autori per produrre “Estate in diretta”, come la “Vita in diretta” e nella medesima collocazione (pur di non tradire gli aficionados), in cui vengono propinate con la conduzione di Lorella Landi e Marco Liorni lunghe disquisizioni su Parolisi, Melania e affini. Noti criminologi e celeberrimi penalisti, complici e anzi massimi garanti dell’intollerabile e inutile chiacchiericcio, timbrano il cartellino. Italiauno non poteva essere da meno, Monica Gasparini con alcune colleghe presenta “Tabloid”, con tutti gli umori di certa stampaccia anglosassone.
Poi ci stupiamo che la gente faccia i biglietti aerei e si metta in coda sull’autostrada per andare ad Avetrana, a Cogne e altri luoghi del delitto a sbirciare, presidiare, simpatizzare, intralciare. Il turismo macabro non è poi così dissimile dall’audience che tanti telespettatori guardoni garantiscono a certi deprecabili format divenuti un genere televisivo a sé, come il reality o il varietà.
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