Francesco Fioretti e la copertina del suo libro
"Il libro segreto di Dante": Fioretti indaga sul mistero della morte di Alighieri
di Andrea Curreli
Forse c'era da colmare il vuoto lasciato da Dan Brown e il suo besteseller Il codice Da Vinci o forse c'era tanta curiosità intorno alle influenze esoteriche di Dante Alighieri. Poco importa quale sia stata la causa, resta il fatto che Il libro segreto di Dante (Newton Compton Editori, 2011 ) il romanzo d'esordio del professor Francesco Fioretti, si è arroccato da quasi due mesi nella top ten della narrativa italiana arrivando a conquistare l'ambito podio e costringendo i cosiddetti "addetti ai lavori" a considerarlo uno dei testi che accompagnerà gli italiani sotto l'ombrellone. Il successo ha sorpreso anche lo stesso autore che afferma: "Pensavo potesse piacere, ma non immaginavo un consenso di queste dimensioni. Anche perché sono un esordiente. C'era il rischio concreto che un libro del genere potesse diventare la brutta copia de Il codice Da Vinci per questo ho cercato di fare qualcosa di diverso". Questo "qualcosa di diverso" è un libro ben strutturato, ben scritto e con una trama che si trova costantemente in bilico tra il thriller storico e la saga familiare.
Fioretti, partiamo dalla figura del padre della lingua italiana: come si presta Dante a questo genere di romanzo?
"L’aveva già utilizzato Giulio Leoni (Dante Alighieri e i delitti della Medusa ndr.) in veste di investigatore, nel mio romanzo invece si indaga sulla sua morte. Come investigatore era perfetto per le sue doti umane, il senso inflessibile della giustizia e la profonda conoscenza della psiche umana; come vittima anche, perché doveva essere pieno di nemici, e quindi ipotizzare un delitto apre di per sé una miriade di piste. Unico limite: indagare su Dante, che si interrogava su temi che trascendono quelli della giustizia umana, fallace per definizione, induce chi ne scrive ad ampliare le frontiere del giallo classico in una trama un po’ più complessa, rompendo dove necessario gli schematismi di genere".
"L’aveva già utilizzato Giulio Leoni (Dante Alighieri e i delitti della Medusa ndr.) in veste di investigatore, nel mio romanzo invece si indaga sulla sua morte. Come investigatore era perfetto per le sue doti umane, il senso inflessibile della giustizia e la profonda conoscenza della psiche umana; come vittima anche, perché doveva essere pieno di nemici, e quindi ipotizzare un delitto apre di per sé una miriade di piste. Unico limite: indagare su Dante, che si interrogava su temi che trascendono quelli della giustizia umana, fallace per definizione, induce chi ne scrive ad ampliare le frontiere del giallo classico in una trama un po’ più complessa, rompendo dove necessario gli schematismi di genere".
Che cosa cela il misterioso codice segreto inserito nella Divina Commedia?
"Prima del codice c’è una chiave numerologica mai notata prima e sulla quale gli studiosi dovranno prima o poi pronunciarsi. Poi uno dei personaggi, un ex-templare, la interpreta come una chiave per estrarre dal poema un messaggio in codice. Attraverso questo personaggio indago la psicologia del cercatore di misteri, tornato in voga recentemente soprattutto dopo il successo di Dan Brown. Ma lascio aperta la soluzione del mistero, ciascuno potrà farsene l’idea che vuole. Io personalmente non volevo illudere i lettori offrendo soluzioni che neanch’io posseggo".
"Prima del codice c’è una chiave numerologica mai notata prima e sulla quale gli studiosi dovranno prima o poi pronunciarsi. Poi uno dei personaggi, un ex-templare, la interpreta come una chiave per estrarre dal poema un messaggio in codice. Attraverso questo personaggio indago la psicologia del cercatore di misteri, tornato in voga recentemente soprattutto dopo il successo di Dan Brown. Ma lascio aperta la soluzione del mistero, ciascuno potrà farsene l’idea che vuole. Io personalmente non volevo illudere i lettori offrendo soluzioni che neanch’io posseggo".
Si conosce tanto del Dante scrittore, poeta e politico ma poco dell’Alighieri esoterico.
"Quello che noi chiamiamo 'esoterismo', e che poi si traduce nell’attitudine a codificare tutto lo scibile in complessi sistemi simbolici, nel Medioevo era sapienza comune. Non era ancora nata la scienza moderna col suo rigore matematico, che ha confinato quei sistemi di segni ai margini del sapere riconosciuto. Noi li abbiamo ereditati dal passato e li ricodifichiamo in un sapere misterico cui siamo costretti ad attribuire nuovi significati. Un esempio semplice: continuiamo a pubblicare oroscopi quando, dopo Copernico, sappiamo che dire che il sole è in Leone significa in realtà, capovolgendo la prospettiva, che è la Terra ad essere semmai in Acquario. Quel sistema simbolico, che era la scienza antica, ha perso ogni legame con l’oggettività, e quindi siamo noi a farne un sapere occulto e, appunto, 'esoterico'. Per gli antichi era scienza ordinaria che si fondava sugli scritti di Aristotele, Tolomeo e i Padri della Chiesa".
"Quello che noi chiamiamo 'esoterismo', e che poi si traduce nell’attitudine a codificare tutto lo scibile in complessi sistemi simbolici, nel Medioevo era sapienza comune. Non era ancora nata la scienza moderna col suo rigore matematico, che ha confinato quei sistemi di segni ai margini del sapere riconosciuto. Noi li abbiamo ereditati dal passato e li ricodifichiamo in un sapere misterico cui siamo costretti ad attribuire nuovi significati. Un esempio semplice: continuiamo a pubblicare oroscopi quando, dopo Copernico, sappiamo che dire che il sole è in Leone significa in realtà, capovolgendo la prospettiva, che è la Terra ad essere semmai in Acquario. Quel sistema simbolico, che era la scienza antica, ha perso ogni legame con l’oggettività, e quindi siamo noi a farne un sapere occulto e, appunto, 'esoterico'. Per gli antichi era scienza ordinaria che si fondava sugli scritti di Aristotele, Tolomeo e i Padri della Chiesa".
Il contesto storico, politico ed economico si presta a un libro del genere?
"Il contesto d’ambientazione del libro è quello della crisi trecentesca, molto simile a quella in cui versiamo da qualche tempo: al boom duecentesco succede un periodo di stagnazione, in cui l’Inghilterra (fino ad allora produttrice di lana grezza) comincia ad invadere l’Europa con i suoi prodotti finiti a basso costo; le compagnie di mercanti italiane si riciclano allora in grandi imprese bancarie, che continuano a fare profitto, più che col commercio, con la speculazione sul cambio, sul prezzo dei metalli preziosi, sui debiti sovrani; fino all’insolvenza del re inglese e al tracollo finanziario dei primi anni Quaranta, col fallimento delle grandi banche fiorentine. In questo contesto di crisi gli italiani si mettono a coltivare la letteratura d’evasione dei cantari cavallereschi, come oggi gli americani a leggere Tolkien e Dan Brown".
"Il contesto d’ambientazione del libro è quello della crisi trecentesca, molto simile a quella in cui versiamo da qualche tempo: al boom duecentesco succede un periodo di stagnazione, in cui l’Inghilterra (fino ad allora produttrice di lana grezza) comincia ad invadere l’Europa con i suoi prodotti finiti a basso costo; le compagnie di mercanti italiane si riciclano allora in grandi imprese bancarie, che continuano a fare profitto, più che col commercio, con la speculazione sul cambio, sul prezzo dei metalli preziosi, sui debiti sovrani; fino all’insolvenza del re inglese e al tracollo finanziario dei primi anni Quaranta, col fallimento delle grandi banche fiorentine. In questo contesto di crisi gli italiani si mettono a coltivare la letteratura d’evasione dei cantari cavallereschi, come oggi gli americani a leggere Tolkien e Dan Brown".
Questo suo romanzo d’esordio ha superato a pieni voti l’esame di pubblico e critica, intende proseguire nella carriera di scrittore?
"Scrivere il secondo romanzo è più difficile che scrivere il primo. A scrivere Il libro segreto di Dante non mi ha costretto nessuno: ho avuto un’idea, l’ho sviluppata, ci ho lavorato a tempo perso senza obblighi di sorta. A scriverne un secondo vorrei arrivarci come sono arrivato al primo, senza eccessivi condizionamenti. Non deve essere un obbligo, altrimenti non viene bene. Continuo a studiare, se m’imbatto in un’idea che meriti l’attenzione dei lettori mi ci metto con lo stesso impegno".
"Scrivere il secondo romanzo è più difficile che scrivere il primo. A scrivere Il libro segreto di Dante non mi ha costretto nessuno: ho avuto un’idea, l’ho sviluppata, ci ho lavorato a tempo perso senza obblighi di sorta. A scriverne un secondo vorrei arrivarci come sono arrivato al primo, senza eccessivi condizionamenti. Non deve essere un obbligo, altrimenti non viene bene. Continuo a studiare, se m’imbatto in un’idea che meriti l’attenzione dei lettori mi ci metto con lo stesso impegno".
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