La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava

La quercia e la rosa, di Ludovica De Nava
Storia di un amore importante di Grazia Deledda con lettere autografe. Romanzo di Ludovica De Nava

IN TERRITORIO NEMICO

IN TERRITORIO NEMICO
Romanzo storico sulla Resistenza di Pier Luigi Zanata e altri 114 scrittori - metodo Scrittura Industriale Collettiva

Dettagli di un sorriso

Dettagli di un sorriso
romanzo di Gianni Zanata

Il calcio dell' Asino

Il calcio dell' Asino
Il calcio dell’Asino. Il calvario di un giornale ribelle (1892-1925) e del suo direttore Giovanni de Nava (Giva)

NON STO TANTO MALE

NON STO TANTO MALE
romanzo di Gianni Zanata

martedì 5 luglio 2011

Teatro Valle, su Unita.it blog e dirette dall'occupazione

Teatro Valle, su Unita.it
blog e dirette dall'occupazione

da l' Unità Luca Del Fra 
teatro Valle occupato
La vicenda del Teatro Valle, uno dei più importanti luoghi dello spettacolo italiano che per l’improvvida sparizione dell’Eti –l’ente teatrale italiano estinto nel luglio 2010– rischiava di essere abbandonato o affidato magari in maniera opaca ai privati, forse addirittura a loro venduto, oggi – 4 luglio – giunto al suo 21 di occupazione da parte del movimento “Lavorat* dello spettacolo” (L*ds) appare in tutta la sua indecorosa gravità.

Non è solo la presa o ripresa di possesso da parte della gente di spettacolo di un luogo fisico –un teatro così bello che la mano pubblica avrebbe dovuto custodire gelosamente. Le implicazioni sono enormi: per comprenderle occorre tornare al 28 gennaio 2011.

Quel giorno un gruppo di quei precari dello spettacolo, che oggi hanno preso il nome di L*ds, andarono a manifestare contro i tagli e le politiche culturali del centrodestra davanti al Ministero dei beni e delle attività culturali, simbolicamente ne bloccarono l’entrata e chiesero di consegnare una lettera all’allora ministro Sandro Bondi –peraltro assente da oltre un mese dal dicastero che non aveva mai troppo frequentato. Furono ricevuti da una segretaria.

In molti commentammo che di fronte a una protesta simbolica e pacifica anni fa li avrebbe ricevuti il capo gabinetto del ministro oppure il direttore generale dello spettacolo dal vivo. Pensavamo, insomma, si trattasse di arroganza. Abbiamo peccato di nostalgia e di moralismo: ben altro rappresentava quella segretaria lasciata sola di fronte alla protesta.

L’intero apparato delle politiche culturali in Italia non esisteva più e neppure aveva vergogna a mostralo: a cominciare dal Ministero, che se ne infischiava di tutto essendo oramai balcanizzato in territorio di scontro tra diverse fazioni, spesso torbidi comitati d’affari, come emerso anche dalla inchiesta sulla Protezione civile. Certo, è colpa esimia della ultradecennale assenza nel nostro paese di politiche culturali –di cui il centrodestra è orgoglioso protagonista ma che ha coprotagonisti altrove. La conseguenza di questo sfaldamento è che anche le controparti di questo apparato hanno cominciato a perdere funzioni, credibilità e capacità di presa sul territorio: basti pensare alle associazioni di categoria, ma anche alla mediocre gestione della cultura da parte di Regioni ed Enti locali. Non si può far finta di non sapere poi che troppi intellettuali, veri o presunti, sono stati a questo gioco al massacro, tuffandosi nelle pratiche opache dei comitati d’affari.

Insomma, la controparte non era quella segretaria abbandonata lì e dunque da coinvolgere: la controparte non esisteva più. E così è stato: quattro mesi dopo gli occupanti sono entrati al Teatro Valle come nel burro, si sono installati con facilità, e la stessa prima sera d’occupazione hanno aperto le porte al pubblico con degli spettacoli.

Ma proprio lo sfaldamento dell’apparato culturale italiano che ha tanto facilitato l’occupazione, fa pesare diversi paradossi sui L*ds, sul movimento, su quanti sono partecipi di queste giornate. In primo luogo la sindrome del “Deserto dei tartari”: fuori c’è il nulla, l’apparato culturale è oramai inesistente. E infatti il Ministero del Valle se ne è infischiato come di tutto il resto, mollandolo al demanio e di lì al Comune di Roma.

Il sindaco capitolino Alemanno in un paio di occasioni ha promesso ufficiosamente di dare direttamente il Teatro a dei privati –al tandem Baricco Farinetti, o a Barbareschi–, in disprezzo alle regole che impongono un bando per l’affidamento di un bene pubblico a privati. L’assessore alla cultura di Roma Gasperini lancia la proposta di un tavolo condiviso, in attesa di ordini dai comitati d’affari. I L*ds stanno elaborando una proposta per il futuro del Valle, ma indirizzarla a costoro –sindaco, assessore o ministero– equivale a riconoscerli come una controparte, restituendogli una autorità e una credibilità che hanno perso, se per caso l’avessero mai avuta.

Secondo paradosso: in questi giorni il Valle è stato meta di artisti e intellettuali che si sono esibiti, talvolta in modo coinvolgente e toccante, a titolo grazioso per il pubblico. È stato un ritrovarsi della parte migliore del mondo culturale italiano che si vuole dissociare dalle pratiche opache, oppure il Valle era il posto, molto à la page, dove non si poteva non essere? Terzo paradosso: esemplare nell’occupare il Valle e renderlo un caso nazionale, il movimento riuscirà a entrare e riprendersi quell’immenso territorio culturale che gli si apre davanti e a cui gli apparati non sono più interessati e oggi è abbandonato e deserto?

I documenti che offriamo in questo canale web, prodotti dagli stessi occupanti, rappresentano uno strumento per entrare in questa vicenda che va ben oltre le sorti del glorioso Teatro Valle che ha tenuto a battesimo “Cenerentola” di Rossini e “Sette personaggi” di Pirandello.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.