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martedì 18 ottobre 2011

Bambini che non capiscono la carta


da la Stampa
Bambini che non capiscono la carta
Nei giorni scorsi ha circolato moltissimo un video (che puoi guardare qui sotto) in cui una bambina di un anno cerca di manipolare delle riviste cartacee come se fossero un iPad.
Si intitola: «Una rivista di carta è solo un iPad che non funziona».
Il video è montato sapientemente e l'autore, il padre della bimba, commenta -tra il serio e il faceto- dicendo che per la piccola ormai è molto più intuitivo capire come funziona un tablet piuttosto che capire come funziona la carta.
«Qui si vede», dice l'autore, «come i nativi digitali abbiano difficoltà a comprendere la logica di una rivista»




L'impatto è forte. In pochissime immagini ci fornisce un esempio (molto emotivo) di come
stia cambiando il nostro rapporto con gli strumenti e con i supporti. Ma ci racconta
anche tanto su
come oggi si siano abbassate completamente o quasi le barriere di accesso
alla tecnologia.
Il computer, tradizionalmente, è sempre stato un oggetto difficile, che richiedeva
la risalita di una lunga curva di apprendimento per poter essere utilizzato.
Le generazioni che hanno imparato a conviverci nel ventesimo secolo hanno dovuto
confrontarsi con molte complicazioni per addomesticare programmi e sistemi operativi.
Questa nuova generazione di «aggeggi», invece, ci dà un accesso immediato e molto 
più semplice ed intuitivo al mondo (di contenuti, di relazioni, di conoscenza) 
che la tecnologia apre.

I commenti sono forse la parte più interessante, perchè raccolgono reazioni diverse
anche 
quasi tutte di meraviglia. Mediabistro rilancia il video in un post intitolato 
«Il video è molto bello» scrive invece Ysolt Usigan su TechTalk, «ma devo essere onesto. 
Da amante dei libri e delle riviste di carta, mi intristisce un po'».
«Questi sono i bambini del futuro», argomenta Brian Moylan su Gawker
«non vivranno mai più in un mondo senza iPad. I bambini della sua generazione
potrebbero davvero vedere la fine dei supporti di carta, perchè non sapranno come usarli,
come farli funzionare nel modo efficace che si aspettano».

Più critico invece Daniel Donahoo su Wired. Rileva infatti che il messaggio centrale del video, 
quello secondo cui la tecnologia codifica le nostri menti e cambia il nostro modo
di pensare, è falso. 
Il video mostra una bambina che sviluppa le sue capacità motorie e di contatto con il mondo 
attraverso un iPad invece che con i tradizionali Lego o con i consueti giochini per bimbi.
«La questione vera», scrive, «non è capire se le riviste significhino qualcosa o meno
per i bambini. 
Piuttosto bisogna ragionare su quanto la tecnologia sta avendo un impatto nello sviluppo
di queste abilità. 
E su come cambierà le aspettative e su cosa questo significherà per il futuro». 
Il blog di Donahoo su Wired si intitola, non a caso, Geek dad e il post 
(che merita una lettura integrale) chiarisce subito il punto di vista:  
Why the A Magazine Is an iPad That Does Not Work Video Is Ridiculous

Sembra difficile trarre delle conclusioni. Da un lato è molto interessante osservare
come si sia quasi azzerata la difficoltà di accesso alla tecnologia.
Prima delle interfacce touch, anche i genitori più tecnologici, aspettavano che
i bambini raggiungessero i sette o gli otto anni almeno 
per farli avvicinare ad un computer. Oggi moltissimi bambini, anche piccolissimi,
trovano intuitive le gestualità che goveranno un iPad e un iPhone.
E questo ha significati profondi, perchè la tecnologia non è un fine, ma un mezzo
per accedere a delle gratificazioni, che ci vengono dalla lettura (di libri, di news),
dalle relazioni con gli altri, da un mondo che si apre.
Sul piano delle gratificazioni si combatte la battaglia tra i supporti:
l'accesso rapido ai contenuti, i benefici che si ottengono, eccetera.
Da questo punto di vista, lo ricordavamo spesso, la carta ha terminato il suo ciclo
di innovazione. Mentre quello del digitale è appena agli inizi.
Dall'altro lato, invece, è chiaro che non si può dare a questo video alcun significato
generale. 
I veri nativi digitali non sono necessariamente gli individui di una o più generazioni
anagrafiche. 
Sono, piuttosto, le persone -giovani o meno giovani- che hanno accesso
alla tecnologia, che vivono in un contesto culturale adatto per capirla, che hanno
gli strumenti concettuali per usarla nel modo corretto.

Ma non c'è dubbio che l'annosa opposizione 'carta versus digitale' sia solo una
elle questioni che dobbiamo affrontare, una tra le mille in un contesto molto più ampio:
quello di un grande mutamento del modo in cui la cultura funziona e del modo in cui
pensiamo a noi stessi in rapporto al mondo esterno.
E da questo punto di vista è utilissimo osservare come si comporta chi
non ha imparato a vivere in un mondo che funzionava in modo diverso.

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