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lunedì 7 novembre 2011

I "Quaderni russi" di Igort: l'orrore nascosto della guerra in Caucaso


La copertina del libro e l'autore, Igort La copertina del libro e l'autore, Igort 

I "Quaderni russi" di Igort: l'orrore nascosto della guerra in Caucaso

di Cristiano Sanna
C' è il fantasma di Anna Politkovskaja nella rabbiosa ludicità che ha guidato le matite e i colori di Igort nella lavorazione del reportage disegnato Quaderni russi. Il 7 ottobre 2006 la giornalista moriva assassinata da quattro colpi di pistola Makarov nell'ascensore del palazzo in cui viveva. La democratura, come è stata eloquentemente definita la forma di autorità esercitata in Russia da Vladimir Putin, spegneva una delle più importanti testimoni dell'impegno civile, del ruolo resistente dell'informazione e dell'impegno per i diritti umani. Resta l'orrore, lo sbigottimento e le storie da raccontare nel libro che chiude il dittico cominciato (sempre per Mondadori) con i Quaderni ucraini. Là il tratto era fangoso, come se il dolore della storia, con l'olocausto dimenticato dell'holodomor stalinista, avesse imputridito per sempre gli animi. Il viaggio di ricognizione nella Russia di oggi, le testimonianze della guerra in Cecenia, quelle provenienti dal fronte come pure da coloro che hanno vissuto e lavorato con la Politkovskaja, viene reso con uno stile più realistico, colori netti, talvolta bruschi, come è l'urgenza di raccontare. Il finale del libro torna tra i fantasmi, in quel deserto di ghiaccio che è la Siberia.
Igort, il problema della mancanza di vera democrazia e di rispetto per i diritti umani in Russia resta sotto traccia. Perché?
"Le ragioni sono molteplici. Direi in sintesi che il peso economico e strategico del governo di Putin non fa che amplificare l'ìpocrisia occidentale, mentre il genocidio nel Caucaso prosegue. La Politkovskaja voleva assolutamente portarne in responsabili di fronte al Tribunale internazionale dell'Aja, porre il caso finalmente sotto gli occhi della comunità internazionale. Raccoglieva prove, testimonianze, dati, insieme ad altri attivisti. La sua voce è stata messa a tacere per sempre. La notizia mi ha lasciato sotto shock, così è cominciato il mio viaggio tra Ucraina, Russia e Siberia, durato due anni. In Cecenia non sono mai riuscito ad entrare, quando ho chiesto a Medici senza frontiere di darmi una mano mi hanno risposto di togliermi quell'idea dalla testa, dato che da quelle parti era scomparso da mesi un loro operatore".
Ma c'è vera voglia di democrazia, c'è una forte richiesta popolare in questo senso in Russia?
"La Russia è quasi un continente, popolato da gente disabituata alla critica, all'analisi, al dissenso. 'Il potere pensa per te' è il diktat che la gente si porta appresso dal periodo stalinista. Poi esistono sacche di resistenza, di impegno e indignazione, sempre più esigue e isolate. Persone che sanno di poter essere eliminate da un momento all'altro. Come Stanislav Markelov, avvocato e attivista per i diritti umani, assassinato a Mosca il giorno del mio arrivo in città, quando la versione ufficiale dell'accaduto insisteva su un ridicolo regolamento di conti tra mafiosi. La realtà è molto più miserabile: il killer ha sparato e poi se n'è andato indisturbato per la strada e in metropolitana. Galina Akerman, traduttrice e sistematrice dell'opera di Anna Politkovskaja, mi ha raccontato dello scempio di esseri umani e dell'ambiente in Cecenia, dove la polizia ha licenza di uccidere".
Quando si parla alla gente russa della Politkovskaja qual è la loro reazione, cinque anni dopo l'esecuzione?
"Scappano, si dileguano, sviano il discorso. Un atteggiamento eloquente, incoraggiato dalle storie di torture e pestaggi brutali subiti dalle persone che hanno seguito la strada di denuncia ed impegno di Anna".
Ma qual è il tenore di vita medio in Russia? Chinare il capo di fronte all'orrore e ai soprusi è in qualche modo compensato da un modo di vita comodo oppure vince la politica del terrore?
"Nessuno vuole guai, questo è un fatto. Mentre nella Russia post comunista è sempre più evidente come crescano le disparità fra la gente comune impoverita e i nuovi ricchi, spesso legati alla mafia. Putin ha rispolverato l'immagine di un Paese in cui la forza è tutto, e anche parlamentari della Duma da me intervistati, non hanno avuto problemi a dire che la democrazia non esiste, che è una menzogna dell'Occidente. Ma non voglio fare il politologo, io sono un narratore, scrivo e disegno ciò che leggo, lasciando l'analisi a chi scorre le pagine".
In questo libro la nettezza del tratto e dei colori è quasi brutale. E' stata una precisa scelta di stile dettata dalla narrazione?
"Non ne ho idea, certo non c'era un progetto del genere. Questo libro chiude il dittico cominciato con Quaderni ucraini, la maggiore differenza è tra il dolore di quella popolazione, che risale agl anni Trenta, e quello dei russi e soprattutto dei ceceni, che sta addosso a noi tutti, un dramma in pieno svolgimento. Con storie crudissime, che mi hanno anche provocato malessere mentre le traducevo in immagini".

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